MARIO, ESCI DALLA MISCHIA, HAI TANTE ALTRE COSE DA FARE ! A POCHI GIORNI DALLE VOTAZIONI PER SOSTITUIRE MATTARELLA ARRIVA L’INVITO DI WALTER VELTRONI AL BUON SENSO E ALLA RESPONSABILITA’. SARA’ ASCOLTATO? COSI’ LA PENSA GEPPETTO.
Il bravo Presidente Mattarella, nel momento di conferire l’incarico di formare il governo a Mario Draghi, a pochi mesi dalla fine del suo settennato, avrebbe dovuto stringere con l’ex banchiere un patto: tu formi il governo con la inedita formula che mi sono inventato, ma mi prometti che lo porterai avanti fino alla fine della legislatura, data la fiducia scontata dei partiti in pieno impasse. Decretare la fine della legislatura, perdurante pandemia e il PNRR, sarebbe stata una follia, mentre l’eccezionalità del momento sarebbe stata il naturale presupposto per l’inedita “ammucchiata”, come poi è avvenuto.
Si sarebbe trattato, da parte di Draghi, di una rinuncia preventiva nella corsa al Colle per spirito di servizio e realismo politico, qualità che non difettano all’uomo. Utili a evitare insidie e tranelli, puntualmente avvenuti.
Questo patto fra i due, evidentemente, non è avvenuto; i partiti nel frattempo si sono riavuti e ha ripreso fiato la stucchevole schermaglia di sempre, pompata dai giornali.
Walter Veltroni, poche sere fa a Otto e mezzo su La7, con acume ha così riassunto il problema: Quirinale e Governo vanno insieme, sono un combinato disposto politico, più che personale. Solo un largo accordo su una personalità di prestigio e fuori dalla mischia potrebbe garantire la necessaria stabilità del governo e visibilità europea all’Italia.
Senza di esso, lasciando cioè ai partiti e ai gruppi in Parlamento la libertà di scorrazzare in lungo e in largo, lo scenario che si aprirebbe sarebbe comunque disastroso.
Se Draghi va al Quirinale senza una convergenza dell’attuale maggioranza sul suo nome, le ripercussioni sul governo saranno immediate.
La candidatura di Berlusconi al Colle è un chiaro inciampo alle supposte aspirazioni di Draghi e un azzardo che se riuscisse manderebbe in frantumi il governo e aprirebbe la strada alla supremazia politica del centrodestra.
Se Draghi andasse al Quirinale, dopo la quarta votazione e con le preferenze di un “mucchio selvaggio”, non sarebbe più l’uomo autorevole e al di sopra delle parti che il delicato compito richiede, e non si capisce quale governo potrebbe succedergli, in grado di affrontare le emergenze sanitarie e economiche in cui siamo. Sarà difficile fare un nuovo governo a pochi mesi dalle elezioni politiche. Il nuovo Presidente della Repubblica non potrebbe che dare un incarico per il disbrigo degli affari correnti.
Le conclusioni sono facili: Draghi è opportuno stia a Palazzo Ghigi, per finire il suo lavoro, se glielo lasceranno fare.
Prima ne prenderà atto, sottraendosi ad un braccio di ferro mal dissimulato, meglio sarà per lui e per il Paese.