A PALERMO I 40 ANNI DI FOTOGRAFIA DI LETIZIA BATTAGLIA CON LA MOSTRA ‘ANTHOLOGIA’
Secondo il curatore Paolo Falcone la mostra antologica “ mette in luce i diversi aspetti del lavoro di Letizia Battaglia, concepita come un unicum polifonico dove amore e dolore, sangue e compassione, tragedia e sogno si mescolano in un percorso dal forte impatto emotivo, dove si riflette il suo coraggio e la sua grandezza”
Oltre 140 lavori esposti insieme per la prima volta, fotografie di grande formato in bianco e nero. Ma anche videointerviste e materiale inedito. Palermo celebra la fotografa Letizia Battaglia con la retrospettiva ‘Anthologia’, a cura di Paolo Falcone, in programma allo Zac (Zona Arti Contemporanee) nei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, dal 6 marzo all’8 maggio prossimi.
La retrospettiva presenta fotografie di grande formato, in bianco e nero, che occupano l’intero spazio dello Zac, insieme a videointerviste, libri sull’artista e materiale inedito che ripercorrono la carriera della fotografa palermitana, tra le prime donne fotogiornaliste in Italia, che ha ritratto i luoghi e le vittime degli omicidi di mafia, ma anche la vita, i volti e la società cittadina.
Immagini di dolore, povertà, morte, e di ricchezza, speranza, ribellione disegnano un percorso narrativo in cui le donne, i bambini, la politica, la mafia, la religione, le processioni, le feste e i numerosi campi d’investigazione diventano il pretesto per una rappresentazione unica di un momento storico durato oltre un quarantennio.
Molte le foto meno note, insieme a omicidi rimasti senza nome, che sono frutto di un lungo lavoro di ricerca nei suoi archivi. L’intento è di offrire al visitatore una visione complessiva dell’intero corpo fotografico che attraversa la storia e il costume nazionale.
La mostra è accompagnata da un volume edito da Drago che raccoglie l’intero corpus fotografico della mostra, con un testo introduttivo di Paolo Falcone e interventi di importanti esponenti internazionali del mondo della fotografia, del giornalismo, della cultura, della politica.
L’esposizione voluta dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, è promossa dall’assessorato alla Cultura del capoluogo siciliano, in collaborazione con la Fondazione Sambuca, e rientra nell’ambito delle celebrazioni per gli ottant’anni di Letizia Battaglia, quale omaggio alla sua carriera riconosciuta a livello internazionale.
Il regista Wim Wenders, che di recente ha prodotto un bellissimo film su un altro fotografo,Sebastião Salgado, intitolato Il sale della terra, dice di Letizia: Letizia Battaglia è una delle mie eroine della fotografia contemporanea. Non ha solo un grande occhio ma anche un gran cuore. Il suo lavoro di testimonianza a Palermo, in cui denuncia la Mafia e i suoi atroci delitti, rappresentano uno dei più coraggiosi traguardi per un fotografo oggi. Ti amo, Letizia, per essere la stupenda persona che sei e per tutto quello che sei riuscita a creare.
Nel libro Sulle ferite dei suoi sogni, pubblicato nel 2010 da Bruno Mondadori Letizia confessa a Giovanna Calvenzi “È capitato che abbia fatto per molti anni la fotografa e che fare la fotografa mi piaccia tanto, ma sicuramente potrei rinunciare a farlo per andarmene davanti al mare e vivere senza più fare niente”.
Battaglia è una delle fotografe italiane più premiate al livello internazionale – è stata la prima a ricevere, insieme a Donna Ferrato, l’Eugene Smith grant – ed è anche un’editrice, un’attivista politica, un’ambientalista e una regista. Ma il suo nome è soprattutto legato a vent’anni di reportage a Palermo, tra storie di mafia, miseria e solitudine. Ha raccontato Letizia “Non è semplice fare la fotografa quando ti trovi davanti il cadavere di qualcuno che qualche attimo prima era ancora vivo. In queste situazioni ho fatto il mio lavoro, ho fotografato, cercando di mettere la foto a fuoco e scegliere l’esposizione corretta.” Accanto ai luoghi delle stragi, ai giudici, ai politici e alle vittime degli omicidi mafiosi, nelle sue immagini ci sono donne, bambini, anziani e poi le feste tradizionali e le processioni nei paesi, in uno sguardo unico che ha fatto conoscere la storia della sua città e della sua isola. Palermo è una città che la divide a metà, ha detto infatti: “La mia relazione con Palermo è da sempre un misto di rabbia e dolce disperazione. Vedo la sua sofferenza e mi fa arrabbiare. Vorrei lasciarla ma non ci riesco, devo ancora fare molto per lei”.
La mostra nel capoluogo siciliano ne ripercorre il lavoro con più di 140 opere, molte inedite, ritrovate nei suoi archivi. Il percorso comincia dagli anni settanta a Milano, con le immagini delle contestazioni, degli scontri di piazza, e il racconto della vita intellettuale, colta attraverso i volti di artisti come Pier Paolo Pasolini fotografato al cinema Turati, Ezra Pound a Venezia e Franca Rame nella sua protesta teatrale. Si prosegue poi negli anni ottanta con le foto che raccontano i quartieri più poveri di Palermo, ma anche la borghesia e la nobiltà protagonista di feste e ricevimenti sfarzosi.
Non esita a confessare dei suoi inizi: “Ho cominciato a scattare sbagliando, poi ho continuato tutta la vita a sbagliare, perché non crediate che essere arrivata a pubblicare dei libri, significhi avere tutti i negativi belli e sistemati: i miei erano dieci sbagliati e poi uno finalmente, forse, buono.”
Forse sono stati gli errori e un temperamento tenace, capace di guardare avanti senza mai smettere di guardarsi dentro e intorno, a rendere il linguaggio fotografico di Letizia Battaglia così vitale e resiliente. Sin dagli inizi, alla soglia degli anni settanta e dei suoi primi quaranta anni, con tre figlie, un matrimonio fallito alle spalle, nella Milano lontana mille miglia dalla sua Sicilia.
La Milano della contestazioni, degli scontri ideologici e politici che guardano germogliare gli anni di piombo, dalle piazze ai salotti, dove ‘ancora prima di conoscere, regole, contrasti o controluce’, la Battaglia fotografa Pier Paolo Pasolini al Circolo Turati. 32 scatti strappati alla pacata e ferma collera di Pasolini, rivolta ai violenti attacchi al suo “I racconti di Canterbury”, in seguito donati al ricco archivio di immagini pasoliniane del Centro Studi Casarsese, in mostra anche ora.
Avvicinandosi ai soggetti con il grandangolo ed empatia, da Milano alla sua amata e sofferta Palermo, dove è nata e ogni tanto è stata costretta a partire, Letizia Battaglia documenta stragi di mafia e lotte contro la droga, l’opulenza dei nobili e la dignità degli ultimi, tra processioni e riti quotidiani, i diritti dei carcerati e delle donne, funerali di stato e innamorati.
Da freelance, collaborando con “L’Ora” e fondando l’agenzia “Informazione fotografica” insieme al collega e compagno Franco Zecchin, il bianco e nero della Battaglia immortala un universo diviso da dolorose contraddizioni, senza risparmiare bellezza, violenza e fiumi di sangue a nessuno, come la sua Sicilia e Palermo. Quella dei palazzi sontuosi dove Luchino Visconti ha girato Il Gattopardo, dei quartieri ancora devastati dalle rovine della Seconda Guerra Mondiale, della Costa erosa dal degrado.
“Io ho bisogno di essere vista, magari di essere sputata in faccia… Ho bisogno di essere vista mentre scatto la foto, ho bisogno di essere ‘alla pari’ […] Ma il coraggio non è non avere paura, è averne e continuare a fare quello che stai facendo, come lo fanno i Poliziotti o i Giudici che vivono sotto scorta. Sono arrivate minacce e gesti di violenza anche nei miei confronti e lo sapevo che la lotta era impari, io avevo solo una macchina fotografica […] La morte è sempre stata presente, ma non ci penso. Si deve cercare di essere allegri, anche nella disperazione”.
Un luogo fisico ed emotivo che nutre etica ed estetica, prendendo parte a un ‘Ricevimento aristocratico in giardino con volpe morta’ (1987), con il volto de ‘la bambina con il pallone al quartiere Cala di Palermo’ (1980), la ferocia di un criminale mafioso come Leoluca Bagarella scortato dagli agenti, fotografato mentre la travolge gettandola a terra, la dolorosa visione di Sergio Mattarella che sorregge il corpo del fratello Piersanti ferito a morte da un attentato di Mafia, il volto spezzato di Rosaria Schifani, moglie e vedova di Vito, uno degli Agenti della scorta di Giovanni Falcone, anch’egli compianta e giovanissima vittima dell’attentato di Capaci.
Tra Rosa Parks e Freud, Che Guevara e Gesù Cristo, Falcone e Borsellino, ragazzini determinati e donne coraggiose, negli archivi della Battaglia la Direzione Scientifica Antimafia ha trovato anche la foto di Giulio Andreotti con il mafioso Nino Salvo (1978), usata come una dei principali capi d’accusa nel processo contro l’esponente democristiano.
Giudici più esperti di fotografia, hanno trovato abbastanza nel suo sguardo da renderla la prima donna e fotografa europea vincitrice del prestigioso The W. Eugene Smith Award nel 1985; assegnargli il premio per il fotogiornalismo Dr.-Erich-Salomon-Preis nel 2007; l’Infinity Award: Cornell Capa Award all’International Center of Photography nel 2009, tra i numerosi riconoscimenti internazionali.
Un talento eclettico che non ha mai smesso di immergersi in imprese purificatorie come quelle condivise con il suo recente “Diario” edito da Castelvecchi.
“Ho sognato spesso di bruciare i miei negativi della cronaca degli anni 70, 80 e un po’ dei 90. Per disgusto, forse per disperazione. Per annullare dalla mia vista lo schifo che aveva vissuto Palermo. Un giorno del 2004 mentre stavo guardando con rabbia e tristezza una grande foto di una madre e tre figli poveri, coricati a letto perennemente per il freddo e per la fame, mi venne come un guizzo. Io queste foto, quelle che girano per il mondo, potevo distruggerle. Cioè potevo farle diventare altro: una vita, un corpo nudo, un sorriso mescolato alla foto di cronaca. Così dal 2004 sono nate le Rielaborazioni. Rielaborando le mie foto di cronaca nera in modo diverso. Ancora oggi le uso come fondali di altre foto, non più protagoniste”
Con un nome e un cognome che sembravano destinati a infondere gioia e ostinato impegno ad un quarantennio di sguardi, documenti e traguardi, raggiunti dalla fotografa, attiva su più fronti, dalla politica (Consigliere comunale, Assessore e Deputato regionale) alla fondazione la rivista “Mezzocielo” interamente curata da donne e co-fondazione del Centro di documentazione “Giuseppe Impastato”, Letizia Battaglia ha festeggiato i suoi primo 80 anni con un anno di manifestazioni nella sua Palermo amata e sofferta, ma decisa ad esaudire uno dei suoi sogni, realizzando il Centro internazionale di Fotografia ai Cantieri Culturali alla Zisa.
“Con Palermo c’è sempre stato un rapporto di rabbia e di dolcissima disperazione. La sento malata e mi fa arrabbiare. Io vorrei andarmene ma non ci riesco, la amo morbosamente e ho ancora molte cose da fare nella mia città”