ANGELO IN VOLO

6 Mar 2017 | 0 commenti

Io, genitore di volatili, mi sentivo libero solo quando avevo le ali- La vita di Angelo d’Arrigo con gli uccelli: così li riportava nei loro habitat-Catanese, ha dedicato la vita al volo libero e allo studio degli uccelli-Morto nel 2006, è appena uscito postumo il suo libro In volo sopra il mondo

Corriere della Sera, 26 febbraio 2016

Tecnica, passione, preparazione atletica, coraggio. Queste, secondo Piero Angela, sono le qualità che hanno permesso ad Angelo d’Arrigo di vincere la sua sfida. Bisognerebbe aggiungere lo studio, la determinazione e la poesia. Ma di quale sfida stiamo parlando? Volare come un uccello e poi insegnare a volare agli uccelli. Un’impresa al limite tra possibile e impossibile raccontata in un libro, In volo sopra il mondo, appena uscito per Fandango. D’Arrigo è un personaggio incredibile e quel che racconta nella sua autobiografia appare incredibile a ogni pagina. Eppure, è vero

Deltaplano, parapendio e rapaci

Nato a Catania nel 1961, maestro di volo, istruttore di sci, guida alpina: spinto dall’ambizione di levarsi in cielo come gli uccelli, si laurea all’Università dello Sport di Parigi, si appassiona al deltaplano e al parapendio, diventa due volte campione mondiale di deltaplano a motore, finché decide di lasciare l’agonismo per dedicarsi al volo libero. Unisce la ricerca aeronautica con quella ornitologica mettendosi a studiare, sul modello di Konrad Lorenz, l’etologia dei rapaci: è il progetto «Metamorphosis», che lo porta in viaggio nei 5 continenti, dall’Australia alle Ande, in luoghi spesso impervi dove segue le migrazioni e convive con gli uccelli, partecipando alla loro crescita. «Genitore di volatili», si definisce.

 In volo sul Sahara

Dopo aver stupito il mondo nel 2001 attraversando in volo libero il Sahara e il Mediterraneo sulla rotta dei falchi migratori, dopo aver sorvolato l’Etna in eruzione, nel 2002, in deltaplano guida, per oltre 5.300 chilometri dal Circolo polare artico al Mar Caspio, un branco di gru siberiane in via di estinzione. Nel 2004 vola sopra l’Everest affiancando un’aquila e salendo a oltre 9 mila metri in volo libero. Stessa sfida poco dopo sulle vette dell’Aconcagua: obiettivo scientifico, il reinserimento del condor nella Cordigliera delle Ande. Imitando il volo dell’albatro si avventura poi nella traversata della Calotta polare antartica.

L’ultimo volo

Tutto questo d’Arrigo racconta nel suo libro, dove confluiscono gli appunti di diario presi durante le varie escursioni. Ma è un libro postumo, perché d’Arrigo è morto il 26 marzo 2006 a Comiso nel corso di una manifestazione in suo onore: il deltaplanista dei record — il Condor — stava volando su un biposto pilotato da un generale dell’aeronautica di grande esperienza, ma il velivolo è impazzito precipitando in un uliveto. Una beffa.

Leonardo

Ciò detto, rimane fuori l’intuizione geniale: dopo attente analisi del Codice di Madrid, utilizzando materiali leggerissimi e sperimentando le sue invenzioni nella Galleria del vento Fiat, d’Arrigo ha realizzato e fatto volare una «Piuma» identica nella struttura all’«ala» ovvero l’«ornitottero», la macchina volante progettata da Leonardo da Vinci. Se avesse avuto a disposizione le fibre sintetiche di cui disponiamo oggi (dacron, kevlar, ergal), anche Leonardo sarebbe partito in volo come lui.

«Volo librato, la mia passione»

«Il volo è la mia passione — scrive d’Arrigo —, il volo librato in particolare, veleggiato, senza l’ausilio di motopropulsione, mi ispira un senso di libertà fisico e mentale che investe spazio e tempo». Perché un atleta pluripremiato si mette a studiare la crescita dei rapaci? Da ragazzino, ricorda, un giorno stava su una falesia della Normandia, a picco sul mare, quando un gabbiano catturò la sua attenzione: «Sospeso con le ali spiegate controvento, stava immobile nel vuoto e ogni tanto mi dava un’occhiata». Seguendo poi il tuffo vertiginoso dell’uccello verso l’acqua, scopre la verticalità. Qualche anno dopo si ritrova a volare con il delta accanto a un’aquila reale.

Venti, altezze, temperature

I progressi nel volo per d’Arrigo sono un miscuglio perfetto, un equilibrio di istinto e tecnica, di disciplina e libertà. La sua idea è che siamo istintivamente portati al volo e ne ha la conferma quando decide di girare nelle correnti ascensionali. Racconta di venti, di altezze, di temperatura, di raggio d’azione, di mappatura e di «trappole» aerologiche, ma sempre più dà valore alla dimensione interiore, che diventa quasi una sua mistica: «Il principio della mia metamorfosi è un ritorno all’origine»; «il desiderio di interpretare l’aria in modo naturale».

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