..E MANGIATI ‘STA BANANA

..E MANGIATI ‘STA BANANA

All’asta di Sotheby’s il collezionista cinese Justin Sun si aggiudica la BANANA per 6,2 milioni di dollari

SOLITUDINE AL PLURALE

SOLITUDINE AL PLURALE

La spiritualità della quale la religione è stata custode per secoli sembra essersi eclissata. Colpa della secolarizzazione, si potrebbe dire. Ma la secolarizzazione non ha distrutto la spiritualità, l’ha soltanto pluralizzata. Se ieri la spiritualità si riferiva a una religione, a una “regola” o a un insieme di regole grazie alle quali avvicinarsi a Dio, una serie di pratiche che comportavano impegno e privazioni, una sorta di addestramento, a volte persino doloroso, che veniva accettato in vista di un bene futuro più grande, la salvezza, oggi è venuto meno precisamente questo orizzonte comune e ognuno cerca di soddisfare a modo suo le proprie esigenze spirituali. Se ieri la spiritualità si esercitava in un orizzonte di fede in Dio, diciamo di credenza, oggi essa si esercita in un orizzonte contrassegnato soprattutto dalla non credenza. Siamo passati da una società in cui tutti, almeno sulla carta, credevano in Dio, a una società nella quale la fede anche per il credente è soltanto una possibilità umana tra tante. Di qui il crescente sganciamento della spiritualità dalla religione e il proliferare di forme di spiritualità in aperto contrasto con la religione.

Oggi le nostre esigenze spirituali non si ispirano più a una regola “esterna” che ci indica la strada da seguire. Il processo moderno di secolarizzazione e di individualizzazione ha svelato, uso le parole di Herder, che ogni uomo ha un suo modo originale di essere se stesso. Il cosiddetto principio d’uguaglianza diventa sempre di più il diritto di ciascuno alla propria differenza. Siamo entrati nell’epoca dell’autenticità, l’epoca cioè che riconosce a ciascuno il diritto di realizzare a modo suo la propria umanità. Quanto al rapporto con Dio, anche questo sembra essersi sempre più sganciato dalle istituzioni religiose tradizionali. Siamo giunti al Dio personale, come recita il titolo di un celebre libro di Ulrich Beck.

Ma la storia che sto raccontando forse non è così lineare come sembra. Non è detto insomma che il weberiano “disincantamento” del mondo prodotto dalla secolarizzazione coincida con la crisi o addirittura con la fine della religione e delle forme di spiritualità tradizionali. C’è infatti anche un altro lato del discorso, un lato che apre alla religione una strada nuova e imprevista proprio sul fronte di quello che Weber aveva individuato come l’esito ultimo del processo di secolarizzazione: “il sentimento di un’inaudita solitudine interiore del singolo individuo”. Più la secolarizzazione si radicalizza e più si fa forte il desiderio degli individui di uscire dalla loro solitudine. Non a caso, dopo aver abbandonato le “regole” delle religioni tradizionali, registriamo un ritorno a Dio e alla fede a partire dalla ricerca personale. Il sentimento della nostra “inaudita solitudine” sembra diventare insomma la disposizione spirituale privilegiata per riavvicinarci in qualche modo al mistero di Dio. La mia anima è inquieta finché non riposa in te, diceva Agostino. La stessa inquietudine che contraddistingue anche l’orizzonte della non credenza. E’ proprio il caso di dire con Charles Taylor che “è venuta alla luce una razza di uomini capaci di vivere il proprio mondo come una realtà completamente immanente”. Al tempo stesso, però, è sempre Taylor a dirlo, assistiamo alla ricomposizione “della vita spirituale in nuove forme, e di nuovi modelli d’esistenza sia all’interno sia all’esterno della relazione con Dio”.

E questo forse spiega l’esplosione in mille forme del fenomeno della spiritualità nelle società secolari, che rende il concetto stesso di spiritualità piuttosto ambivalente e polimorfo. Se digitiamo su Google la parola “spiritualità”, vengono fuori più di un milione e trecentomila voci. Non soltanto le diverse forme di spiritualità si rendono dunque autonome rispetto alle religioni tradizionali, che le praticavano come ascesi e distacco dal mondo, ma acquistano un carattere sempre più mondano; più che con Dio, esse vengono coltivate in vista di un’armonia con se stessi e con la natura che ci circonda, senza disdegnare pratiche esoteriche, terapeutiche o spiritiche.

Non c’è bisogno che sottolinei la portata della sfida che tutto questo potrebbe rappresentare, poniamo, per la chiesa cattolica. Premesso che considero un bene il fatto che ognuno cerchi ormai di realizzare a modo suo la propria umanità, secondo le inclinazioni che sente più congeniali; premesso altresì che l’autentica ricerca di un luogo di pienezza personale rappresenta forse l’unica forma di spiritualità veramente compatibile col nostro tempo; premesso tutto questo, ne consegue che anche le religioni tradizionali debbono sapersi adattare a questa nuova istanza; persino il sacrificio e l’ascesi vanno declinati come risposta possibile al nostro bisogno di “pienezza” e di autorealizzazione. Tuttavia, e concludo, questo bisogno di autenticità va temperato con una consapevolezza altrettanto importante circa l’orizzonte non individualistico delle nostre vite. La fede potrebbe giocare in proposito un ruolo decisivo proprio in vista dell’elaborazione di codici simbolici soggettivamente più seduttivi, meno preconfezionati e nel contempo più capaci di valorizzare la dimensione relazionale di ciascuno di noi. Come dice Taylor, “il lato oscuro dell’individualismo è il suo incentrarsi sull’io”, l’allontanamento dagli altri e dalla società. Di qui il rischio di una spiritualità narcisistica sempre più vacua e diffusa e l’urgenza di non perdere di vista lo sfondo comunitario, che solo può salvare l’autenticità della ricerca personale dalla sua irrilevanza. Un orizzonte di significato da costruire dialogicamente insieme agli altri. Una grossa chance, questa, per le religioni tradizionali.

Articolo di Alfonso Berardinelli per il Foglio Quotidiano

LA SPIRITUALITA’ DELLA PRESENZA

LA SPIRITUALITA’ DELLA PRESENZA

Lo sconforto per il cammino sempre più arduo che vediamo aprirsi davanti a noi, fra ingiustizie, fame e emarginazione, guerre, sembra certi giorni sopraffarci. Anche la Parola di Cristo ci sembra lontana, debole e incomprensibile. Non sentiamo la presenza di Dio padre, di Gesù e dello Spirito Santo, essi ci appaiono obiettivi impossibili da raggiungere.

Fino a quando, ricacciando le nostre egotiche fragilità, arriva la luce della verità: non sono obiettivi da raggiungere, ma doni da accogliere. Dio ci abita e il corpo e l’anima si unificano- La nostra vita deve essere fatta insieme a Lui e per Lui.

Viviamo immersi nella Presenza di Dio Padre,
con Gesù, nello Spirito Santo.
Non è un obiettivo da raggiungere,
è un dono da accogliere.
Il dono di vivere
tutto quello che facciamo insieme con Lui,
in Lui e per Lui.
Se diventiamo consapevoli
di essere abitati da Dio,
a poco a poco il nostro io si ritira,
lascia spazio a Lui
e ritroviamo l’unità di noi stessi:
persone unificate nel corpo, nella mente,
nello spirito.

Ernesto Olivero, fondatore del SERMIG


Il dono della Presenza
custodito, continuamente ravvivato
ci fa crescere nella consapevolezza quasi fisica
che Lui ci fa compagnia nei gesti quotidiani,
guida i nostri pensieri e i nostri sentimenti,
ci incoraggia ad avere pazienza e misericordia
con noi stessi e con gli altri.
Con Dio non abbiamo altro desiderio
se non quello di amare,
di fare del bene,
di non ricambiare mai

REDDITO DI BOSSANZA

REDDITO DI BOSSANZA

Dal figlio del fondatore della Lega uno può legittimamente aspettarsi di tutto, anche che scriva «Dagli Appennini alle Langhe» o che proponga un referendum abrogativo della pizza napoletana. Di tutto, ma non che abbia percepito per quarantatré mesi il famigerato reddito di cittadinanza. Peggio, che sia stato rinviato a giudizio con l’accusa di averlo intascato indebitamente. Confidiamo che Riccardo Bossi riesca a dimostrare la sua innocenza. E ce lo auguriamo ancor più per suo padre che per lui. Nella favolistica padana, di cui l’umberto è stato un cantastorie inesauribile, il reddito di cittadinanza si colloca tra la bacchetta magica di lord Voldemort e la mela avvelenata della strega di Biancaneve. Il simbolo ultimo dello Stato assistenziale, di Roma ladrona, del Sud parassita del Nord. Non c’è pregiudizio o luogo comune che non sia stato tirato in ballo per ironizzare su un sussidio di sopravvivenza che, magari con altri nomi, è presente in tutte le principali democrazie occidentali. Lo so: certe norme, che risultano efficaci per gli svedesi o gli austriaci, funzionano un po’ meno bene nell’interpretazione creativa degli italiani. Almeno di quelli che, quando il reddito era in vigore, lo usavano per arrotondare un lavoro in nero. Ma se — Dio Po non voglia — il processo a Riccardo Bossi dovesse concludersi con una condanna, risulterebbe evidente che tra i due popoli confinanti, padani e italiani, esistono notevoli affinità.

Massimo Gramellini, Corriere della Sera

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