A Elisabetta melodiosamente inferma
Non credevo che dal battito nervoso delle ciglia
dolcemente potesse lo sguardo scivolare su un alluce dolente,
in una sola grazia di eburneo benvenuto.
Poi, in quella che una volta si sarebbe detta una taverna fumosa
il rito del frappè mi ha portato alla mente il sillabario
di giorni lontani, quando, sotto gli argini del Fiume che si apriva al mare,
l’allegria dei poveri, iniziata con un tuffo, spegneva l’arsura dell’estate
con un frappè ghiacciato, che raffreddava anche altri bollori.
In quel Delta ho imparato a distinguere il verso degli uccelli,
presagire, da un guizzo lucente di un pesce,
il tuffo del cuore,
e prima della parola apprezzato il silenzio,
scoperto che la vita è ritmo e sospensione,
se risale verso uno sguardo che nel cielo si confonde.
Le immagini della copertina e nel testo sono opere di Luigi Armanni