Braghe e comune senso del pudore

16 Ott 2015 | 0 commenti

 

Gazing Ball di Jeff Koons

Gazing Ball di Jeff Koons

Il sindaco di Firenze, il giovane Dario Nardella mette le braghe alla statua di un fauno per salvare il pudore. Detta così potrebbe sembrare il titolo di un giornale satirico, di un Charlie Hebdo di provincia. Per la precisione il fauno è di gesso e, in effetti, ha gli attributi al vento. Si tratta di Gazing Ball (Barberini Faun), calco di una scultura del periodo greco-romano, esposto attualmente a Firenze in Palazzo Vecchio, alla quale l’estroso autore, l’americano Jeff Koons, ha aggiunto una lucida sfera azzurra. Dopo l’inaugurazione dell’evento in pompa magna non è che Nardella si è pentito e abbia voluto autocensurarsi?

Il sindaco di Firenze Dario Nardella

Il sindaco di Firenze Dario Nardella

Naturalmente non è così, più semplicemente ( credo opportunamente) il sindaco fiorentino ha voluto usare delicatezza nei confronti di un ospite illustre, il principe ereditario degli Emirati Arabi, sceicco Mohammed Bin Zayed Al Nahyan, arrivato a Firenze ospite del governo italiano. E’ noto, infatti, che nei paesi arabi, anche se alcuni sono abbastanza aperti, è normale oscurare le parti sessuali. Non si sa se la richiesta sia pervenuta direttamente dallo staff dello sceicco, oppure se si sia voluto agire preventivamente e in autonomia. Né si tratta di una gran rinuncia, in via di fatto, pur restando l’episodio complesso in via di principio. Attenzione: qui non c’entra la libertà artistica, né è questione di censura. Più semplicemente, volendo prendere spunto dall’episodio e generalizzando, si tratta di stabilire fino a che punto il rispetto delle convinzioni e dei dettami della altrui cultura abbiano cittadinanza a scapito della nostra, e di farlo con la mente rivolta al futuro, non alle guerre puniche o alle Crociate. Nella storia gli incontri stabili fra i popoli, liberamente scelti o imposti, sono avvenuti finora attraverso forme di integrazione culturale di un popolo ad opera di quello egemone; oppure attraverso forme di multiculturalismo instabile, cioè permettendo alle culture diverse di sopravvivere in quanto tali, seppure in forme chiuse e avulse, come le banlieue francesi o le chinatown di tante città.

Koons in laboratorio

Koons in laboratorio

Ma è ancora così in epoca di globalizzazione? Uso questa parola con prudenza, perché dubito che di essa si abbia una definizione condivisa. Il termine è così sfaccettato da essere confuso, e tanto più è confuso tanto più lo si usa, col risultato che esso spiega sempre meno. Simultaneità e interconnessione, come Mc Luan nel lontano 1964 scriveva, non bastano da soli a farci capire il fenomeno. Quello che veramente conta è che scambi, influenze e confronti oggi si muovono in un unico orizzonte in cui l’integrazione è una sfida che non si può rifiutare. Qui sta il punto. Faccio solo due esempi recenti del modo sbagliato di rispondere a tale sfida. Al Salone del libro di Torino gli organizzatori ritirano l’invito al paese ospite d’onore, l’Arabia Saudita, per via della condanna a morte del ragazzo ventunenne, reo di avere protestato contro le autorità. Proprio in questi giorni, l’Iran ha deciso di boicottare la Fiera di Francoforte (sempre dedicata al libro, e ci sarebbe da interrogarsi su questa coincidenza, dato che la gente di libri ne legge sempre meno!) in odio allo scrittore “blasfemo” Salman Rushdie, colpito da una fatwa. Sotto l’orizzonte comune del villaggio globale queste e altre consimili risposte sono errori di un vecchio e superato modo di pensare.

Koons ai tempi di Ciccolina

Koons ai tempi di Ciccolina

Chi continua a mettere steccati o a dividere, addirittura incitando all’odio e all’intolleranza, mortifica l’ispirazione alla totalità, all’empatia e alla consapevolezza che ci attende nei prossimi decenni e che nessuno potrà fermare: mercati e internet sono spinte propulsive formidabili e che non conoscono confini. Prima delle nazioni saranno i popoli a omologarsi, sostituendo tradizione e costumi locali con uno stile di vivere e modi di pensare sempre più simili. Sarà l’avvento del famoso villaggio globale, lo si voglia o no.

Lo scrittore Salman Rushdie

Lo scrittore Salman Rushdie

In attesa che ciò avvenga non mi pare sbagliato assumere atteggiamenti di rispetto e di dialogo, come il sindaco fiorentino ha fatto, specie su questioni che non toccano i princìpi. E se li toccano? Io penso che nella difesa di un principio, specie se morale, occorra mantenere doverosamente il punto, senza camuffamenti o compiacenze, o, come nel caso di Torino, esclusioni. La via è sempre il dialogo, anche quando è aspro o sgradevole. Con un’avvertenza: nel villaggio globale non si tratta di avere l’ultima parola, né di mettere insieme ciò che ognuno ha, ma di trasformare insieme convincimenti e cose. Sperando di non doverlo fare, per miopia umana, dopo violenze e guerre, per constatare poi che in fondo siamo tutti uguali.

 

 

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