Brutto, sporco e cattivo“ Tenebre su Kreuzberg” è l’ultima fatica del fotografo tedesco Miron Zownir: un viaggio nell’abisso tra droga, alcol, sesso e perversioni. Un po’ come le sue immagini di Stefania Parmeggiani Brutti, sporchi e cattivi. Ed è ancora poco. I personaggi di Tenebre su Kreuzberg vivono ai margini di Berlino, in una città cupa e brutale dove le allucinazioni si confondono con la realtà. Sono uomini dalla personalità violenta e disturbata, che bevono fino a perdere i sensi, esplodono in crisi di rabbia e deliri psicotici. Sono ombre, terribili ma anche affascinanti, le stesse che il loro autore, il fotografo e regista tedesco Miron Zownir, ha inseguito nel ventre della città prima e dopo la caduta del Muro. Icona underground, Zownir è sempre stato attratto dai mondi nascosti: negli anni Settanta ha raccontato i punk della Berlino Ovest e di Londra, negli Ottanta la scena gay americana, il mondo della prostituzione e della tossicodipendenza. E a Mosca il declino dell’ex Unione Sovietica e la condizione estrema dei suoi senzatetto e moribondi. Lavori scioccanti, in bianco e nero, che hanno spinto lo scrittore Terry Southern, co-autore delle sceneggiature di capolavori come Il dottor Stranamore ed Easy Rider, a proclamarlo “ poeta radicale della fotografia”.
In questo noir ambientato a Berlino nel 2012, nell’ex zona Ovest, in un quartiere di confine ai tempi del Muro, che prima venne abbandonato dagli abitanti, poi ripopolato dagli immigrati turchi e infine trasformato nel centro della controcultura berlinese, ancora oggi uno dei centri della vita notturna cittadina, Zownir insegue una delle creature da cui è tanto attratto: un artista tormentato e folle, un’anima depressa e inquieta, in cerca di qualcosa ma sempre più distante da sé stessa. Si chiama Nick, ha trent’anni, vive delle elemosine della madre e attraversa la notte in cerca di scatti suggestivi. Odia il padre, un poliziotto anaffettivo e alcolista. Odia sua moglie e anche migliaia di altre cose. Beve fino a sfinirsi, ha fantasie deliranti, misogene e violente. È chiaro che finirà male. Una notte, nel bagno del suo pub preferito, si guarda allo specchio: perde sangue, le schegge di un bicchiere di whisky fracassato contro il muro lo hanno ferito al collo. Ha tentato il suicidio o qualcuno ha cercato di ucciderlo? Quando si risveglia, in un ospedale psichiatrico, tutti pensano che si sia trattato di un gesto autolesionista. Lui non ricorda, o meglio ha ricordi differenti: un volto sfuggente, reso ancora più confuso dall’alcol, qualcuno lo ha aggredito.
“La vita degli emarginati è così dura e brutale che merita il mio rispetto e la mia attenzione. Nel mondo in cui sono cresciuto, la Germania degli anni ’50 e ’60, c’erano ancora tracce della guerra, della distruzione e alcuni vicini dei miei nonni sono rimasti traumatizzati, con disabilità fisiche o dei ritardi cognitivi. Anche se ero un bambino, non potevo ignorare la miseria e chiudere gli occhi se qualcosa mi colpiva, toccava, spaventava o disgustava. Le persone ai margini della società non ricevono molta attenzione e la loro vita è spesso ignorata dai mezzi d’informazione e dalla maggior parte delle persone, a meno che non incontrino qualcuno o uno scrittore scriva di loro e sperimenti la loro condizione”. Da uno stralcio dell’all’articolo apparso su HuffPost 1.8.2021 a firma Giuseppe Fantasia.
Cerca l’aiuto del padre, ma il detective Berger non ha tempo e neppure voglia di occuparsi di quel figlio così inetto alla vita. Deve trovare un assassino che si aggira in città dopo il tramonto in cerca di vittime da strangolare. Il rapporto tra i due uomini si avvita in una spirale di degrado: il padre beve e si abbandona a perversioni sessuali. Che non sono risparmiate al lettore, anzi… vengono descritte nei dettagli, con crudezza e quasi compiacimento. Così come i deliri psichici del figlio, dentro e fuori il reparto psichiatrico, tra corpi di clochard massacrati per divertimento e alcolici trangugiati in compagnia di amici deformi. Freak. Nei loro occhi si riflette una realtà suburbana fatta di strade buie, appartamenti squallidi, quartieri malfamati, palazzi abbandonati, cumuli di immondizia e razzismo e brutalità. Il romanzo prosegue su una linea pericolosa.
Man mano che gli abissi interiori dei personaggi si sovrappongono la lingua si fa più cruda e il lettore ha l’impressione di precipitare su un altro terreno: parole volgari, fluidi corporei, dettagli imbarazzanti. Siamo pericolosamente vicini al pulp, anzi siamo inzuppati di dettagli pulp, eppure Zownir non scivola mai, le sue ombre restano in equilibrio, la peggiore oscenità non è mai priva di poesia. Un po’ quello che accade con le sue foto: colpiscono duro, immortalano ciò che di estremo abbonda e si nasconde nel nostro sistema, ma nello stesso tempo seducono chi guarda.
“Definirei Tenebre su Kreuzberg un noir ‘punk’. La trama è quella di un noir: c’è un assassino che strangola le donne quando cala il buio, ci sono dei cadaveri avvolti nel mistero e c’è un detective consumato, il commissario Berger, che cerca di scoprire chi è il serial killer. Ma a differenza della solita grammatica del genere noir, quello che mi ha colpito in Tenebre su Kreuzberg è un’attitudine ribelle, nichilista e irriverente, a tratti ironica, che attraversa tutta la narrazione e che mi ha ricordato molto il punk. Tenebre su Kreuzberg è un romanzo sulla repressione e l’assurdità della società in cui viviamo e sulle forme di resistenza nichiliste che questa genera. Una società profondamente disfunzionale che ci schiaccia tra lavori totalizzanti e ansia di riconoscimento sociale, in cui anche le stesse forme di resistenza sono spesso disfunzionali fino a diventare mostruose: dall’escapismo alla dipendenza da sostanze fino, appunto, all’omicidio.” Stralcio dell’articolo di Eleonora Zanin per Minima&Moralia.
In appendice al libro alcune di queste immagini, quelle scattate a Berlino, vivendo sotto la superficie della città, tra le sue anime più tormentate, sporche, inquiete. Due le possibili reazioni del lettore/ spettatore: distogliere lo sguardo infastidito oppure resistere. E infine vedere. Per chi si ritrovasse in questa seconda categoria, il Centro Internazionale di Fotografia di Palermo, diretto da Letizia Battaglia, fino al 31 luglio propone una retrospettiva del lavoro di Zownir: faccia a faccia con ciò che è tabù.