COLPEVOLE, FORSE INNOCENTE

29 Set 2021 | 0 commenti

Semplice, diretto, sempre sul punto, Sabino Cassese rende comprensibili anche le cose complicate (o che molti, non conoscendole come lui, rendono tali). In poche righe, il giudice emerito della Corte Costituzionale traccia le linee per una riforma radicale della giustizia in Italia. Draghi ne avrà la forza? Glielo permetteranno?

Professor Sabino Cassese, nel suo intervento sul Giornale sul garantismo Silvio Berlusconi sottolinea che la presunzione d’innocenza dev’ essere il cardine di un corretto sistema giudiziario. In Italia questo principio viene rispettato secondo lei?

«Il secondo comma dell’articolo 27 della Costituzione dispone che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Paradossalmente, quindi, la presunzione di innocenza è alla base dello stesso processo e della giustizia. Solo l’ordine giudiziario e solo a mezzo di un processo può dichiarare un accusato colpevole. Questo principio è stato travolto in Italia dall’affermazione di quello che può chiamarsi un vero e proprio quarto potere, le procure.

Sabino Cassese

Queste non si limitano all’accusa ma, sostanzialmente, giudicano. Basti pensare alle conferenze stampa in cui si vedono procuratori circondati da forze dell’ordine, che annunciano, con titoli altisonanti, le accuse. In inglese questo processo si chiama naming and shaming, cioè nominare e svergognare. Vi collaborano le procure perché non rispettano il principio fissato dalla Costituzione nell’articolo 111, per il quale la persona accusata è informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico.

I mezzi di formazione dell’opinione pubblica che danno risalto alle accuse divenute giudizio. I magistrati giudicanti perché, con i loro ritardi, consolidano l’accusa – giudizio (se il processo si concludesse dopo sei mesi, la situazione sarebbe diversa da quella attuale).

La stessa classe politica che ha, da un lato, abbassato tutte le regole di immunità che spettavano agli amministratori pubblici, dall’altro creato complessi normativi (ad esempio, antimafia) affidandone la cura ad una magistratura divenuta il guardiano della virtù (c’è un bel libro di Pizzorno, edito da Laterza su questo tema). Il presidente del tribunale di Torino, qualche anno fa, ha fatto una stima di quante di queste accuse – giudizio sono evaporate, purtroppo dopo molti anni, dopo i regolari processi. Troppo tardi, in qualche caso».

C’è oggi, e soprattutto da Mani pulite in poi, un uso distorto della carcerazione preventiva, come sostiene uno dei quesiti del referendum di Lega e Radicali?

«Non posso dire se l’uso che viene fatto della carcerazione preventiva è corretto o distorto; si può certamente dire, invece, che se ne fa un uso eccessivo e che questo è un sintomo di un possibile uso abusivo o distorto».

Come si garantisce davvero la terzietà del giudice, per limitare al massimo gli errori giudiziari?

«Assicurando una piena indipendenza e imparzialità di quella parte del corpo dei magistrati che fa parte degli organi giudicanti. Questo vuol dire completa impermeabilità, nei due sensi, sia dall’esterno verso l’interno, sia dall’interno verso l’esterno. E questo comporta una separazione tra componenti degli organi di accusa e componenti degli organi giudicanti.

In applicazione di quella norma costituzionale che dispone che il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dall’ordinamento giudiziario. Quindi, rinvia alla legge il compito di stabilire la misura delle garanzie di cui i pubblici ministeri godono, mentre per gli altri magistrati, quelli giudicanti, tali garanzie sono definite direttamente dalla Costituzione. Quindi, una diversità di status definita già dalla Costituzione. A questo si aggiunge il fenomeno che ho rilevato, della costituzione delle procure come un quarto potere dello Stato, che accentua la necessità, prevista dalla Costituzione, di uno status separato dei pubblici ministeri».

Lei crede che ci sia qualcosa di sbagliato nel sistema attuale di arruolamento e di formazione dei giovani magistrati, che nella maggior parte dei casi vengono subito arruolati dalle correnti?

«Il reclutamento dei giovani magistrati In Italia presenta alcuni aspetti positivi. In primo luogo, è avvenuto con una certa continuità e regolarità, a differenza del reclutamento degli altri pubblici dipendenti. In secondo luogo, la diversità di trattamento economico, i privilegi di status e di indipendenza dei magistrati, la stessa severità delle prove, hanno certamente attirato alcuni dei migliori laureati in giurisprudenza verso la magistratura. Tuttavia, il sistema di reclutamento soffre di alcuni difetti.

In primo luogo, si misurano le conoscenze giuridiche, non la capacità di ponderazione, la maturità, la riflessività dei candidati. In secondo luogo, c’è un alto grado di familismo: si può stimare che poco meno del 20% degli attuali magistrati sia figlio o parente di magistrati. Questo segnala un fenomeno che potrebbe chiamarsi di endogamia, che dovrebbe essere ulteriormente approfondito e valutato.

Poi, c’è una scuola della magistratura che non riesce a fornire ai giovani magistrati conoscenze relative alla misurazione dei tempi delle procedure, capacità di analisi dei carichi di lavoro, abilità nell’intendere le implicazioni delle decisioni. Ne deriva, nel corpo dei magistrati, composto di ottimi giuristi ed eccellenti persone, una inconsapevolezza dell’attuale stato della giustizia in Italia.

Un aspetto preoccupante dello stato della giustizia in Italia è proprio questo: come persone tanto preparate, ottimi professionisti, possano essere inconsapevoli di lavorare in una struttura che non risponde alla funzione affidatale dalla Costituzione, quella di dare giustizia. Non c’è bisogno che aggiunga quanti milioni sono le procedure giudiziarie pendenti e quanto sia rilevante la fuga dalla giustizia».

L’autogoverno della magistratura, dice Luciano Violante nell’intervista di martedì al nostro quotidiano, non è scritto in Costituzione ma le toghe se lo sono preso per determinare dal Csm e dal ministero della Giustizia la politica giudiziaria. E così?

«La Costituzione parlava di indipendenza. L’ordine giudiziario l’ha fatto diventare autogoverno. Segnalai già questo singolare abuso della parola indipendenza cinquant’ anni fa a un convegno di magistrati. Aggiungo altre distorsioni tollerate: perché sono magistrati i funzionari del ministero della giustizia, se questo è parte dell’ordine esecutivo? Perché tanti magistrati fuori ruolo, con compiti diversi da quelli giudicanti? Perché magistrati i funzionari del Csm?».

Per Berlusconi un filo rosso lega i valori di garantismo, liberalismo, cristianesimo ed europeismo: il rispetto della persona. Lo vede anche lei?

«C’è certamente un legame tra quelle tre grandi tradizioni storico – culturali e il garantismo. Ma ora non scomoderei cristianesimo, liberalismo ed europeismo. Proverei a correggere quella che è diventata una delle maggiori storture del nostro Stato».

Anna Maria Greco per il Giornale

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