PARIGI ANNI ’30: STESSO PERIODO, STESSI LUOGHI, I BOULEVARS E I CAFFE’ DI MONTMARTRE- L’ESTROSO INTERVENTISTA E LO SQUATTRINATO SCRITTORE AMERICANO FORSE SI INCONTRARONO, FORSE NO- ANNI DOPO RICORDANO LA CITTA’ IN MANIERA ASSAI DIFFERENTE, MA AMBEDUE ANCORA PRESI DAL SUO DOLCE FASCINO
Giovanni Comisso (1895-1969), prolifico ed estroverso scrittore trevigiano, libraio, mercante d’arte, memorialista e giornalista, fu a Parigi all’inizio degli anni ’30, più o meno nel periodo in cui vi soggiornava Henry Miller, (vedi link in fondo). Gran viaggiatore, era stato interventista e uomo dell’impresa di Fiuggi con D’Annunzio. Omosessuale dichiarato, grande amico di De Pisis (un suo libro si intitola appunto Il mio sodalizio con De Pisis), anticomunista, nell’immediato dopoguerra finì emarginato. Ciò nonostante, grazie alle sue doti di scrittore, ebbe costante successo di pubblico e di critica. Sulla sua esperienza parigina, nel 1931 la Casa editrice Ceschina, per i tipi dello stabilimento tipografico Littorio di Verona, ha pubblicato Questa è Parigi, con illustrazioni di Filippo De Pisis, al prezzo di 12 lire. Testo fortunosamente reperito, perché è oramai introvabile, e dal quale traggo alcune pagine. Lascio a voi tentare un confronto a distanza fra Miller e Comisso, in quelle pagine dove rievocano lo stesso luogo: il quartiere di Montmartre. Sarà interessante cogliere diversità o similitudini di accento e di sguardo dei due scrittori sulla realtà della “ville lumiere” di quegli anni.
“La canzone di Montmartre quest’anno comincia così: Place Blanche… toujours est dimanche… La suonano a tutti gli angoli delle strade le orchestrine, tra gli alberi del boulevard di Clichy, gli organi delle giostre folli di cavallini tra il rosa dei fari, poi tutti la fischiettano. Venne lanciata al Moulin Rouge. Però questo Moulin Rouge è una banalissima meta per provinciali di tutto il mondo in viaggio di nozze o in viaggio di piacere appena ottenuta la separazione legale. Delizioso invece è ascoltare il lancio delle canzoni di minore fortuna sotto gli archi della metropolitana di Barbès-Rochechuart, là dove la ferrovia esce di sottoterra. Gli archi bassi dànno l’aspetto di grotte, due lampade ad acetilene illuminano in volto suonatori e cantanti. Vi sono violini, un violoncello e delle armoniche: ne viene fuori una musica leggera e profondamente triste. Una donna grassa con cappello a veli e a piume, occhi chiari, piena, dal volto di porcellana, afferra il megafono e comincia a cantare: embaumé des fleurs des jasmins… E il verso accompagnato dalla musica e dal brusio delle strade già si sente indimenticabile con la dolcezza tutta parigina della sera brumosa, un giorno lontana….
La parte bassa di Montmartre è costituita dai boulevards di Clichy e di Rochechouart con le tre piazze: Clichy, Blanche, e Pigalle. Qui fra gli alberi vi sono baracche di tiro a segno, del tiro con gli anelli, di fotografi, giostre; e lungo i consumatissimi marciapiedi: caffè, boîtes, musich-halls, dancings, cinematografi, restaurants e qualche farmacia che per non essere da meno degli altri in giuochi di luce, espone grandi vasi di vetro pieni di liquidi rosa e blu…
Su, sulla collina, vi è il paesetto di Montmartre, con casette quasi rustiche, piazzette e vicoletti oscuri e un’aria viva di vento, diversa da quella di tutta la città, fresca come fossimo veramente all’aperto. Quassù nelle boîtes ad uso degli americani è mantenuta ancora in piedi la vecchia vita dei bohemiens. Tutto è falso. Ma con quanto buon gusto! Al Lapin agile, una capanna da pastori vi è anche un vecchio portinaio, folle, che urla dalla porta mostrando al chiaro di luna la sua barba bianca. Dentro, falsi bohemiens recitano favole di La Fontaine, con accento inglese per sfottere i presenti, e poesie di Verlaine e di Baudelaire che ci riprendono con emozione. Vecchie cantanti cacciate dai teatri, sostenute da impiastri di biacche e di rossetti, con una voce tutta modulata a toni giovanili, cantano canzoni del ‘600.
Sulla cima del colle s’alza l’orrenda chiesa del Sacro Cuore, dove nella notte di Natale tante migliaia di giovani puri vanno a comunicarsi con le braccia in croce, attraversando gli oscuri quartieri del piacere sfrenato. Cupole ovoidali, porticati e terrazze: un misto d’architettura da bagno turco e da padiglione per esposizioni. La notte tenta di occultarla. La notte rossa di Parigi. Tutta l’aria intorno sopra la città è imbevuta del riverbero dei fari e delle réclames luminose. La città si stende con una profondità di mare, giù dal declivio, lontano a perdita d’occhio, si vedono luci che s’alternano come segnali di secche e altre come di piroscafi naviganti. Ripassando per le stradette di S. Rustique e Gabrielle ci s’accorge che sono inconfondibili con altre, sono così profondamente della vecchia Parigi romantica, così da nulla, ma uniche al mondo. Viene voglia di sfiorarle con le mani… Il vento e il silenzio ci riportano verso i boulevards dove la vita s’è deposta, come una schiuma al ritiro della marea. Ma qui ogni angolo a viverci è un oceano. “
In evidenza la copertina di Filippo De Pisis per Questa è Parigi, di Giovanni Comisso
L’articolo che riguarda Henry Miller lo trovate qui: www.ninconanco.it/henry-a-montmartre/