La controcultura ha innegabilmente fatto la sua rivoluzione. Personaggi «contro» come Allen Ginsberg, Timothy Leary, Gary Snyder, William Burroughs hanno lasciato il segno nel modo di vivere e di pensare anche odierno.
In Inghilterra prese piede nel 1958 dalla «Campaign For Nuclear Disarment» che ogni anno a Pasqua organizzava una marcia da Aldermaston a Londra in cui si univano ragazzi che venivano dai pub di campagna con idee anarchiche e la passione per il jazz di New Orleans e per la marijuana.
La data di nascita ufficiale della controcultura risale al 16 ottobre 1965, a San Francisco, dove Ken Kesey e i suoi Merry Pranksters (che giravano su un pullmino coloratissimo pitturato con svastiche, aquile e simboli nazionalisti), Allen Ginsberg con il suo pacifismo e Timothy Leary con i suoi test con l’Lsd sconvolsero l’America durante gli International Day of Protest. Quella sera Chet Helms, Luria Castell e The Family Dog tennero un happening, intitolato A Tribute to Dr Strange (in omaggio al fumetto di culto) che segnò l’inizio della stagione hippie.
Quanti personaggi – da Lawrence Ferlinghetti a Ken Kesey – quanti musicisti – dai Charlatans ai primi Jefferson Airplane – hanno cambiato il costume e il modo di vivere il rock’n’roll. Anni ingenui, anni ribelli, anni creativi e formidabili, anni raccontati in una mostra, ricchissima di foto inedite e di memorabilia, al Vittoria & Albert Museum di Londra (fino a fine febbraio) dal titolo You Say You Want a Revolution? Records and Rebels 1966 – 1970 di cui è disponibile in Italia un lussuoso e gigantesco catalogo.
La musica fu naturalmente il propellente e molto più di una colonna sonora per il «Movimento»… Bastava ascoltare le prime esibizioni «acide» dei Grateful Dead, dei Quicksilver Messenger Service di John Cipollina, dei fragorosi Big Brother & The Holding Company che si esibirono allo storico Human Be In al Golden Gate Park di San Francisco il 14 gennaio 1967.
Bastava la testimonianza di coloro che hanno scritto la storia attraverso il Festival di Monterey (16-18 giugno 1967), il primo grande raduno hippie dove debuttò Janis Joplin (con i Big Brother) fuori dalla Bay Area, dove si assistette alla prima esibizione di Otis Redding per un pubblico bianco, dove i Who arrivarono per la prima volta in America così come Jimi Hendrix. Un successo inatteso e uno spot favoloso per il nuovo mondo che viveva di «pace amore e musica».
Con il servizio d’ordine degli Hell’s Angels non accadde nulla. Dennis Hopper – non a caso protagonista di Easy Rider – disse di quell’esperienza: «Le vibrazioni erano eccezionali. La musica era fantastica. Per me fu il momento più puro e più bello dell’intero trip degli anni ’60. E se fosse continuato, avrebbe potuto davvero diventare la nostra Camelot».
Così come non accadde nulla – se non il maltempo e l’immensa marea di fango – a Woodstock, che peraltro non ebbe nessun tipo di servizio d’ordine, massima espressione dell’«era dell’Aquario» conclusa da Jimi Hendrix che stravolgeva con le sue distorsioni The Star Spangled Banner (inno nazionale americano) mentre si concludeva l’evento e il pubblico si allontanava lentamente.
L’Lsd a quei tempi «espandeva la mente» e aiutava a raggiungere nuove percezioni anche nella musica, non a caso Jerry Garcia e i suoi Grateful Dead ne facevano larghissimo uso per i loro psichedelici spettacoli dal vivo e per lunghe suite come Aoxomoxoa.
Anche in Inghilterra – seconda patria della nuova musica dopo l’onda lunga del British Blues – l’Lsa divenne oggetto di culto, anche nelle canzoni che spaziavano dalle beatlesiane Strawberry Fields Forever e Penny Lane (definite «british musical psychedelia») a See Emily Play, secondo singolo dei Pink Floyd che troneggiava nella classifica dei Top Ten. «Era un incrocio tra Lewis carroll, Hillaire belloc, A.A. Milne e tutte quelle tradizionali storie per bambini. C’è tutto questo nei brani di Syd barrett, unito al senso della tragedia».
La psichedelia e l’Lsd, fenomeno creato dai bianchi, arrivò persino a contagiare la cultura nera… Così la potente Motown affidò a Diana Ross & The Supremes il brano Reflections e Otis Redding incise la sua favolosa ballata (Sittin’ On) Dock of the Bay (uscita postuma dopo la sua morte in un incidente aereo) che – se non era una ballata psichedelica – era una riflessione sulla sua esperienza a Monterey e – uscita nel 1968 – catturò appieno lo spirito di quell’epoca.
Articicolo di Antonio Leonetti per il Giornale
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