FLAT TAX ? SI PUO’ FARE, SECONDO NICOLA ROSSI.

11 Lug 2019 | 0 commenti

«Fidatevi: la flat tax si può fare davvero, e senza costi. L’ importante è usare la testa». Nicola Rossi, docente di economia politica, ex senatore del Partito democratico, già presidente dell’ Istituto Bruno Leoni, è considerato l’ inventore italiano della flat tax. O meglio, è stato il primo a mettere nero su bianco un progetto organico per introdurre la «tassa piatta» nel sistema fiscale del nostro Paese.

Nicola Rossi

Noi della Verità ne approfittiamo per chiedergli una sorta di vademecum, in un momento in cui una proposta del genere, visti i chiari di luna, sembra poco più che un miraggio. Secondo Rossi la proposta di Matteo Salvini è accettabile, «purché non si faccia debito». La sinistra? Il professore sembra darla per persa: vede la flat tax come fumo negli occhi, ancora accecata da «pregiudizi ideologici».

È stata una campagna elettorale burrascosa. E adesso ci attendono mesi roventi sul piano economico. Come è stata trattata la questione fisco nelle ultime settimane?
«Non bene. Considero quella fiscale una delle riforme più urgenti per il Paese. Ma è un pessimo segnale il fatto che del fisco ci ricordiamo solo sotto elezioni. E dopo, ciò che si fa, è ben lontano dai nostri bisogni».

Lei insiste molto sulla necessità di «azzerare», più che di modificare, le norme fiscali. Quali sono i difetti peggiori del nostro sistema?
«Il nostro fisco ha 70 anni, e mostra tutti i limiti della sua età. L’ ultima riforma risale all’ inizio degli anni Settanta. Abbiamo fatto aggiunte qua e là, abbiamo messo qualche pezza, ma ormai il tessuto non tiene più. È un labirinto che andrebbe semplificato, se solo qualcuno trovasse il tempo e il coraggio di farlo. È inefficiente, iniquo, non produce gettito, ed è straordinariamente pesante.
Insopportabile».

E dunque, proprio per semplificare le cose, lei ci ha fatto conoscere la leggendaria flat tax. Nella sua formula quante aliquote ci sono: due, tre, quattro?
«Una sola per tutti».Una sola? Non avremmo più bisogno dei commercialisti.
«Aliquota singola al 25%. Contemporaneamente, prevedo una no tax area pari a 7.000 euro per il singolo. E questo significa che l’ aliquota effettiva, tenuto conto anche di eventuali detrazioni, sarebbe ancora più bassa».

Sembra bellissimo. L’ obiezione fondamentale: con una sola aliquota facciamo un regalo ai ricchi. Cosa risponde?
«Questo è uno dei tanti miti da sfatare. È esattamente il contrario. I regali ai ricchi li stiamo facendo adesso, con il sistema attuale».

Come sarebbe?
«È molto semplice: l’ imposta sull’ Irpef in Italia è l’ unica imposta veramente progressiva, e in realtà si applica solo ai lavoratori dipendenti e ai pensionati. Le persone davvero abbienti non hanno redditi da lavoro, ma da capitale, da attività finanziarie o da immobili, e pagano un’ aliquota molto simile a quella che ipotizzo io per la flat tax. Per farla semplice: oggi, per i ricchi, l’ Italia è il Bengodi».

E i vari bonus e detrazioni?
«Stesso discorso. Le considero conquiste con cui alcuni gruppi di pressione hanno ottenuto benefici per sé stessi. Sono niente più che trattamenti di favore. Lei pensa che nelle periferie povere si utilizzi il bonus palestra o il bonus giardini?».

Insomma, adesso mi vuole far credere che la flat tax è di sinistra?
«Certo. Il problema è che la sinistra italiana non se ne rende conto. È molto legata alle sue vecchie idee, e certe cose non riesce a comprenderle. Pensare di rendere più equo il sistema caricando i costi sull’ Irpef significa non avere gli occhi per vedere la situazione».

Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, dice che la flat tax non farebbe che aumentare le disuguaglianze.
«È una favoletta. Se andiamo a vedere i numeri, l’ Italia ha un livello di disuguaglianza sociale simile a quello di 30 anni fa».

Da uomo di sinistra, come se la spiega questa resistenza dei democratici a una misura del genere?
«È un problema ideologico, un pregiudizio culturale. Sono luoghi comuni che impediscono di vedere quanto iniqua sia la situazione odierna. Ci siamo abituati a pensare che l’ equità si raggiunga aumentando le tasse e colpendo i redditi: bisogna invece agire sul lato della spesa e dei consumi.

Il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, durante l’incontro con il vicepresidente statunitense Mike Pence alla Casa Bianca, Washington (Usa), 17 giugno 2019. Foto ANSA

Per esempio: oggi lo Stato aiuta le famiglie abbienti che mandano i figli all’ università. Per ogni figlio diamo un sussidio pari a due terzi del costo della retta. Non ha nessun senso. I servizi pubblici devono essere fatti pagare a chi ha le sostanze per farlo. Questa è la vera progressività».

Le faccio la domanda che avrei dovuto farle all’ inizio dell’ intervista: non ci sono i soldi per finanziare la flat tax, quindi di cosa discutiamo?
«La flat tax si finanzia con tagli di spesa, e spostando il carico fiscale dall’ imposizione diretta all’ imposizione indiretta. Meno Irpef e più Iva».

Ma come: stiamo cercando 23 miliardi per scongiurare l’ aumento dell’ Iva, e lei la vuole aumentare?
«Mi viene da ridere. Quando ho proposto di portare l’ Iva al 25% tutti erano preoccupatissimi, adesso invece potrebbe arrivare al 27».

Quelli che dovranno riempire il carrello della spesa rideranno un po’ meno.
«Togliamoci dalla testa che un aumento dell’ Iva farebbe crollare i consumi. Non è affatto detto. A una condizione, però: bisogna fare le due cose insieme. Da una parte aumentare le imposte sui consumi, dall’ altra abbattere l’ Irpef. Ogni provvedimento, ovviamente, deve essere credibile. E per essere credibile non dev’ essere fatto a debito».
La sua proposta è stata riformulata in tanti modi. La Lega di Salvini propone due aliquote distinte.
«Non mi straccio le vesti se anziché un’ aliquota ne lasciano due. Il problema è che Salvini vuole finanziarla in deficit, e su questo non sono d’ accordo. Anzi, mi stupisce che un partito di destra abbia convinzioni economiche degne della peggior sinistra veterocomunista. La destra vera per me è altro».

Cioè?
«È di destra chi persegue costantemente una riduzione della presenza dell’ operatore pubblico nell’ economia».

Rossi, lei è stato senatore democratico ma mi parla come Margaret Thatcher, quando diceva che i socialisti, pur di rendere i ricchi meno ricchi, rendono i poveri più poveri.
«Certo, è così. Non voglio difendere né la sinistra, né la destra. Il punto è che nessuno in questo Paese sottolinea che probabilmente una riduzione della presenza dello Stato nella vita economica sarebbe utile e opportuna».

Questo mi lascia pensare che non è un fan del reddito di cittadinanza del Movimento 5 stelle.
«Ci mancherebbe. È un provvedimento che non porterà benefici né a chi lo riceve né a chi se l’ è inventato. Oggi la gente comincia a irritarsi perché pensava di ottenere di più».

La flat tax secondo lei è una medicina che agirebbe subito sull’ economia?
«Immediatamente. Le persone avranno la sensazione che le tasse sono diminuite veramente. L’ anno scorso invece, nonostante un deficit al 2,4%, ci siamo ritrovati con una pressione fiscale aumentata. Certo, dev’ essere un progetto ben pensato».
Altrimenti?
«Altrimenti andiamo pure avanti con gli 80 euro di Matteo Renzi: una scelta mal pensata, mal disegnata e peggio realizzata».

Di Maio, Salvini, Conte

Ma all’ estero la flat tax funziona?
«Certo che funziona. Qualcuno si oppone dicendo che non è stata introdotta in nessun grande Paese occidentale, ma questo è risibile. È stata adottata per intero in una serie di Paesi che hanno avuto un cambio di regime, come i Paesi dell’ Est, i quali hanno dovuto riscrivere da capo le proprie regole fiscali.

Ma anche nelle grandi nazioni occidentali si assiste a una tendenza evidente. Negli ultimi 40 anni si sono andati regolarmente riducendo il numero e il livello delle aliquote. Insomma: chi da subito, chi per gradi, ma tutti stanno andando verso la flat tax».
Che fine ha fatto la promessa di ridurre il cuneo fiscale?
«La flat tax sicuramente contribuisce a ridurre il cuneo fiscale. Certo, bisognerebbe intervenire anche sui contributi sociali. Ma quelli potranno essere diminuiti solo con interventi in campo previdenziale che non comportano aumenti di spesa, come invece purtroppo abbiamo fatto».
Si riferisce a quota 100?
«Mi sembra abbastanza inutile. Per carità, la legge Fornero era tutt’ altro che perfetta. Ma bisognava intervenire chirurgicamente: abbassare l’ età pensionabile per tutti è un errore.
Viviamo di più, e quindi ci tocca lavorare di più. È sgradevole, ma è la realtà».

Intervista di Federico Novella per “la Verità” (https://www.laverita.info/)

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