IL CAZZARO IN FUGA

16 Dic 2020 | 0 commenti

Nel Paese dei Senzamemoria, giornaloni e giornalini continuano a spacciare la fiaba

del centrodestra che diserta l’antimafia e chiede le dimissioni del presidente Nicola

Morra per le inesistenti offese a Jole Santelli. E nessuno ricorda il vero motivo della

guerra di Salvini & c. a Morra. La frase sulla defunta presidente della Calabria viene

usata come pretesto (questo sì oltraggioso) per nascondere ben altro: il 5Stelle ha il

grave torto di aver convocato Salvini in Antimafia ormai due anni fa, nel dicembre

2018, appena la commissione si insediò. All’epoca era per un’audizione di routine

sulle strategie antimafia dell’ allora ministro dell’interno, ovviamente inesistenti

(per fortuna se ne occupò il suo collega Bonafede).

Poi la Lega, a furia di riciclare il peggio della vecchia politica, finì invischiata in vari

scandali di criminalità organizzata. E Morra riconvocò più volte il Cazzaro Verde, non

più come ministro, ma come capopartito. Lui il 12 giugno 2019 dichiarò: “Certo che

andrò in commissione Antimafia”. Lo stanno ancora aspettando. Quel giorno era

stato arrestato a Palermo Francesco Paolo Arata, ex deputato FI, consulente di

Salvini che l’aveva candidato a direttore dell’arera (l’autorità di controllo

sull’energia), nonché padre di Federico, consulente di Giorgetti a Palazzo Chigi e

organizzatore del viaggio di Salvini negli Usa: l’accusa era di corruzione in concorso

col compare Vito Nicastri (pregiudicato per tangenti e indagato – e poi condannato

in primo grado – per mafia come amico di Messina Denaro), mentre un’inchiesta

della Procura di Roma gli contestava una tangente al sottosegretario Siri, poi cacciato da Conte.

Nicola Morra

Di questo Morra lo chiamava a rispondere, ma anche delle rivelazioni del pentito Agostino Riccardo sull’appoggio elettorale dato alla lista Noi per Salvini dal clan rom dei Di Silvio a Latina per le Comunali del 2016. Tra i politici non indagati ma citati nell’inchiesta per l’appoggio del clan Di Silvio c’erano Francesco Zicchieri, vice-capogruppo leghista alla Camera, e Matteo Adinolfi, eletto a Terracina, poi promosso coordinatore provinciale della Lega e ora eurodeputato. Figurarsi l’imbarazzo di Salvini a rispondere in Antimafia del sostegno degli odiati “zingari” ai suoi fedelissimi; a giustificare la scelta di un consulente come Arata per il programma energetico della Lega; e anche a spiegare perché non costituì parte civile il Viminale al processo Montante (l’ex presidente di Confindustria Sicilia poi condannato a 14 anni in primo grado). Infatti scappa dall’antimafia da due anni: mai messo piede. E ora vuol farci credere che ce l’ha con Morra per una frase sulla Santelli. Come si dice dalle sue parti: ma va a ciapa’ i ratt.

Articolo di Marco Travaglio per il Fatto Quotidiano

In copertina: opera di Andy Warhol ispirata a De Chirico

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