IL MOSAICO DI SODERBERGH

6 Dic 2017 | 0 commenti

CON MOSAIC IL REGISTA DI ATLANTA TENTA DI RIVOLUZIONARE IL GRANDE SCHERMO- UN AZZARDO FINORA NON RIUSCITO NONOSTANTE I SUCCESSI.

Mosaic è l'ultimo azzardo di Soderbergh per cambiare il cinema

Quando sul finire degli anni Sessanta Orson Welles riprese il suo esercizio quotidiano con i numeri di impressionismo e magia, Jeanne Moreau si lamentò per le numerose pause che il regista imponeva alla troupe durante le riprese di Storia immortale. Welles non si adirò come era solito fare, fece chiamare l’attrice e, come racconta Joseph McBride, gli spiegò che “il cinema non è altro che illusione e ogni volta bisogna sperimentare qualcosa di nuovo, per non annoiare e non annoiarsi”. E mentre le faceva apparire un fiore da una pallina aggiunse: “Poi sai che c’è, è che il cinema va cambiato, mutato per sempre”. Welles pensava al linguaggio, sia quello dei dialoghi, sia, soprattutto, quello delle inquadrature. Sessant’anni dopo ci riprova Steven Soderbergh e il progetto è innovativo.Dirigere un film che film non è, uno 

sceneggiato televisivo che sceneggiato non è, che è di più, che è soprattutto diverso: una storia filmata da più punti di vista, da scegliere grazie a una app. Si chiama Mosaic e verrà distribuita da gennaio 2018 per sistema operativo Ios. Per vedere il primo servirà il secondo e il secondo permetterà di modificare il racconto narrativo di quello che si vedrà su computer, tablet, smartphone o web tv. Del progetto molto è ancora avvolto nel mistero per scelta della produzione e del regista. Quello che si sa è che le riprese fatte con gli attori Sharon Stallone, Garrett Hedlund, Frederick Weller, Beau Bridges e Paul Reubens sono state fatte in modo da poter raccontare una storia cambiandone la focalizzazione della narrazione, il susseguirsi degli eventi, il destino dei protagonisti. Qualcosa che ricorda il libro-gioco, quel tipo di narrativa che si diffuse negli anni Ottanta e che dava la possibilità ai lettori di modificare con le loro scelte gli accadimenti.

 

 

Per capire se sarà un successo e se soprattutto il progetto riuscirà bisognerà aspettare il nuovo anno. Quel che è certo per ora è che non stupisce che al centro del progetto ci sia Steven Soderbergh. Il cineasta di Atlanta infatti da quando nel 1989 girò il suo primo film Sex, Lies, and Videotape si è sempre detto convinto che il cinema, o almeno il suo, non potesse non rapportarsi in modo stretto con la tecnologia. Soderbergh ha sempre fatto suo il ragionamento di Welles, e ha sempre cercato di immergersi completamente nell’idea un po’ estemporanea di cambiare il mondo del cinema. Iniziò a provarci dietro la macchina da presa, poi nella scelta delle macchine, ancora nel montaggio, infine mettendo assieme tutti gli attori più pagati di Hollywood per farli recitare in quello che doveva essere un film rivoluzionario: creare un remake di una pellicola di grande successo (Colpo grosso) migliore dell’originale. Ne venne fuori Ocean’s eleven, che fu un successo, ma che viene ricordato più per il pokerissimo di attori Roberts-Pitt-Clooney-Damon-Garcia, che per la pellicola in sé.

Soderbergh nella sua carriera ha ottenuto un successo dietro l’altro, ma non ha rivoluzionato niente. E’ riuscito ad aprire ad alcune innovazioni, niente di più. La sua idea che “con la tecnologia e il cervello si può mutare i connotati al cinema”, è rimasta appesa al filo della cinepresa tanto che nel 2013 si stufò del cinema, si mise in pausa, si diede alla “tv”, a Cinemax, al tentativo di cambiare almeno quella. Ne uscì The Knick, la serie tv con Clive Owen nei panni del dottor John Thackery, un drama su un ospedale newyorkese di inizio Novecento, un modo per sperimentare sul piccolo schermo nuovi modi di raccontare i personaggi e soprattutto filmarli: nelle due stagioni il regista ha utilizzato vecchie macchine digitali, nuove cineprese, Go Pro, droni, e quanto di più diverso ci fosse dall’ordinario modo di fare televisione. Ne venne fuori un polpettone interessante, ma non riuscitissimo. Ad agosto è poi ritornato al grande schermo con Logan Lucky, rifiutando di utilizzare i consueti canali produttivi, distributivi e promozionali. E’ stato un plauso per il coraggio, per la capacità di rottamazione del normale, per la capacità di fare un film a basso costo.

Soderbergh vuole essere ricordato per essere un visionario. In molti lo considerano solo un nerd con la capacità di raccontare. Per altri è uno sbruffone con grandi capacità e molti amici. Mosaic è la sua grande possibilità: quella di dimostrare che racconto e tecnologia sono una cosa sola, che ci vuole dominio di entrambe le componenti per fare un buon prodotto, perché “il cinema non è altro che illusione e ogni volta bisogna sperimentare qualcosa di nuovo, per non annoiare e non annoiarsi”. Lo diceva Welles, ma va bene pure per Soderbergh.

Articolo di Giovanni Battistuzzi per il Foglio

In copertina un’immagine della serie Godless per Netflix

 

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