IL CAPITANO DALLE BANDE NERE SCIVOLA SUL CASO CUCCHI- DOPO TANTA MITOLOGIA SPARSA SULL’ARMA DEI CARABINIERI, SENZA CRITERIO E MISURA, SI RITROVA SOLO E AMMACCATO- IL CARABINIERE IN DIVISA CHE BACIA LA MANO DELLA SORELLA ILARIA, IN SEGNO DI RISPETTO E SOLIDARIETA’, SCOPRE LA STRUMENTALE DIFESA CHE SALVINI HA FATTO DEGLI IMPUTATI, PUR DI RACCATTARE FACILI SIMPATIE. COSI’ LA PENSA GEPPETTO
Questa volta non sono bastati né i consigli degli spin doctor, né i precetti del potente apparato comunicativo per evitare che, sotto la maschera di moderato, rispuntasse il ghigno luciferino del bifolco, rovinando l’immagine equilibrata e prudente che dall’opposizione si era imposta, necessaria per conquistare il consenso del grande centro degli elettori benpensanti.
Parlo della reazione di Matteo Salvini alla notizia della sentenza sul caso Cucchi con la quale si condannano i due carabinieri che, avendo in custodia Stefano Cucchi lo pestarono, causandone la morte.
Non è ancora la sentenza definitiva, vale la presunzione di innocenza, ma in questo caso l’unica incertezza è se siano state le botte a causarne la morte o altra concausa, elemento non trascurabile per i due condannati, mentre lo è per l’Arma, la famiglia Cucchi e per l’opinione pubblica.
L’ex ministro, che in ogni occasione aveva sempre manifestato la sua solidarietà all’Arma e agli agenti coinvolti, ha detto torvo. “Io combatto la droga”. Non c’entrerebbe niente la droga, semmai le botte, ha osservato la sorella Ilaria. Ma Salvini, con quella frase, ha in realtà voluto sottintendere: era un drogato e uno spacciatore, se l’è andata a cercare.
Quindi l’habeas corpus, principio cardine del nostro ordinamento, vale per tutti, ma non per drogati, negher, ladri, spacciatori, magnaccia, finocchi, ecc. In questi casi se qualche mazzata in più causa la morte, pazienza, ……. prima gli italiani.
La ricerca ad ogni costo dell’appeal compiacente dell’elettore, del consenso inebriante, specchio di una popolarità così nuda di idee da non poter parlare, non dico alla testa, men che meno al cuore, ma solamente alla pancia, è come una corda che per reggersi deve essere sempre tirata, finché si spezza.
Il ruzzolone finale è la giusta fine, improvvisa e rapinosa, di chi si cimenta in questa arte manipolatoria e pregiudicata. Si pecca sempre, prima o dopo, per uno strappo di carattere, per l’eccesso che rovina. Quell’Arma, nella cui divisa ti eri pavoneggiato, fra una pausa e l’altra, in braghette a Milano marittima, ti volta le spalle e ti spiazza. Allora il re appare solo e nudo, la strumentalizzazione si fa vergognosa e palese. Il bacio di un carabiniere in divisa alla mano alla sorella di Cucchi, Ilaria, ha scombinato la partita e ridistribuito i ruoli: l’Arma sta con Cucchi, con Ilaria, con chi ha voluto in tutti questi anni che su tutto emergesse la verità. L’Arma sta dalla parte giusta, del diritto e del rispetto delle dignità umana, anche a costo di sacrificare i suoi figli, se essi hanno tradito la loro missione, trasformando un doveroso arresto in un massacro criminale. L’ex ministro sta dall’altra, quella sbagliata, dove il diritto si piega alla convenienza, le regole sono calpestate, e le complicità corrive e la paura inquinano non solo le prove, ma la coscienza.
Spero che la vicenda abbia fatto capire a molti quanto sia pericoloso affidarsi al pifferaio magico che promette miracoli, ma soprattutto, se lasciato fare, rischia di “gettare il bambino con l’acqua sporca”.