ALLA RICERCA DELL’IDENTITA’ RUSSA, IN UN IMMENSO TERRITORIO ABITATO DA CENTO POPOLI- I CONFINI DELLA RUSSIA RESTANO UN PROBLEMA APERTO- IL POTERE DI PUTIN MAI COSI’ ASSOLUTO MINACCIATO DALLA STAGNAZIONE ECONOMICA -IL SUMMIT FRA PUTIN E TRUMP DEL 16 LUGLIO RESTITUIRA’ ALLA RUSSIA IL RUOLO DI GRANDE POTENZA CUI AMBISCE? COSI’ LA PENSA LUCIGNOLO.
“Ovunque ci troviamo, c’è sempre una Russia, a est , a ovest , a nord o a sud – ma ci abita l’orso russo . Non è un caso se l’orso è il simbolo di questo sterminato paese. Vive là, a volte in letargo, a volte ringhioso, maestoso, ma feroce “.
La Russia è il paese più grande del mondo (due volte gli Stati Uniti o la Cina, cinque volte l’India , venticinque volte il Regno Unito ), ma ha una popolazione limitata a 144 milioni di persone – meno della Nigeria o del Pakistan. Pur con un’economia grande come quella della Spagna, continua però ad essere una superpotenza militare e mondiale.
La Russia, “un rebus avvolto nel mistero che sta dentro un enigma. Ma forse c’è una chiave: l’interesse nazionale russo” a detta di Churchill.
Quali allora le chiavi per capire la Russia?
La geografia è la prima ed assoluta chiave di spiegazione della Russia.
È tutta una pianura, e quindi indifendibile.
La Russia come concetto risale al IX secolo ed a una prima federazione di tribù della Slavia orientale, nota come Rus ’ di Kijev nell’odierna Ucraina. I mongoli attaccavano continuamente la regione da sud e da est, per poi occuparla nel XIII secolo. Allora quella Russia embrionale si trasferì a nord – est e intorno alla città di Mosca.
Il Gran Principato di Moscovia – si chiamava così – era indifendibile. Non c’erano montagne, non c’erano deserti e i fiumi erano pochi. Era tutta una pianura, e al di là della steppa, verso sud e verso est, bivaccavano i mongoli. L’invasore poteva avanzare a suo piacimento, e c’erano poche postazioni difensive naturali in cui trincerarsi
Senza parlare dei mongoli (e dei turchi loro parziali successori) non è andata meglio al confine occidentale. I russi sono stati invasi dai polacchi a inizio ‘600, dagli svedesi agli ordini di Carlo XII ad inizio ‘700 , da Napoleone ad inizio ‘800, e dai tedeschi due volte in entrambe le guerre mondiali. Considerando tutti i conflitti i russi hanno combattuto mediamente ogni trentatré anni nella pianura nordeuropea o nelle sue vicinanze.
Da qui l’esigenza e poi l’imperativo, perseguito per secoli, da Ivan il terribile in poi, dell’attacco come difesa. Prima cementare in modo assoluto il potere in casa e poi espandersi all’esterno per creare delle zone di difesa sempre più ampie intorno a sé. Spietatezza e visione strategica.
In quest’ottica di sopravvivenza e di imperialismo i Romanov (a prescindere dalla tragica fine del loro ultimo discendente) sono stati la dinastia di maggior successo della storia. L’ ultimo zar regnava su un sesto della superficie terrestre. Si stima che dopo la loro ascesa al trono l’impero si sia ingrandito di 140 km quadrati al giorno, ossia di 50.000 km quadrati all’anno. Dove veniva versato sangue russo, quella doveva diventare Russia.
Solo la sua espansione ha reso la Russia inattaccabile. Il confine occidentale è largo più di 3000 chilometri, ed è tutto pianeggiante fino a Mosca e anche oltre; anche con un grande esercito sarebbe quasi impossibile difendersi in forze al suo interno. Ma la Russia non è mai stata conquistata grazie alla sua profondità strategica. Quando un esercito arriva in prossimità di Mosca, ha già linee di rifornimento insostenibilmente lunghe: un errore che commise Napoleone e che ripeté Hitler. Analogamente nell’Estremo Oriente russo è la geografia che protegge il paese. È difficile portare un attacco dall’Asia alla Russia asiatica; non c’è molto da attaccare tranne la neve, e si potrebbe arrivare solo fino agli Urali.
Come tutte le grandi potenze, la Russia ragiona nella prospettiva dei prossimi cento anni.
Così si può comprendere la perdurante diffidenza nei confronti dell’Europa e l’interesse a dividere le fila dei nemici occidentali con ogni mezzo, in passato coi matrimoni dinastici ed alleanze variabili, oggi anche foraggiando i populismi e l’antieuropeismo.
La mancanza di un porto in acque temperate affacciato direttamente sugli oceani è poi sempre stato l’altro tallone d’Achille della Russia e la sua fissazione, perché riveste la stessa importanza strategica della pianura nordeuropea. Nel proprio testamento Pietro il Grande suggeriva ai suoi discendenti di avvicinarsi il più possibile a Costantinopoli e all’India. Le rotte marittime a nord, quando non gelate, costeggiano tutti stati nemici. L’imperativo era avere un porto a sud per la marina navigabile tutto l’anno. Da qui l’assoluta importanza della Crimea, la sventurata guerra in Afghanistan, e la guerra in Siria per avere un porto nel Mediterraneo.
Lo spirito di sopravvivenza si è sostanziato, come detto, in due imperativi: espandersi all’esterno e cementare il potere all’interno (perché una nazione divisa non avrebbe avuto scampo).
Quanto all’accentramento del potere la Russia ha sempre incarnato la parabola del potere più assoluto.
Presso tutti i governi un sicario non può mai mancare, e la storia russa in proposito ne è l’esempio massimo. Ma non tanto la brutalità viene addebitata al tiranno quanto la brutalità incoerente.
Il potere assoluto ha le sue controindicazioni. Non essendoci un’opposizione ufficiale, il prezzo del fallimento è sempre stata la morte. Ciò fa sì che i tiranni longevi siano personalità eccezionali o addirittura geni politici, come Pietro il Grande e Caterina.
L’imperatore deve infatti contemperare tutti gli interessi, perché un pugnale alle sue stesse palle è sempre pronto. Dovevano essere contemperati gli interessi della nobiltà, dell’amministrazione e dell’esercito dagli zar ( csar, da Caesar, imperatore) in passato. Gli interessi dell’esercito, dell’amministrazione e del partito dai segretari del Pcus. E di nuovo gli interessi dell’esercito, dell’amministrazione e della corte di oligarchi da Putin ora.
Oligarchi che hanno preso il posto della nobiltà di un tempo e delle élites del partito, perché la vicinanza al sovrano si tramuta sempre in potere. L’imperatore non ha una dimensione personale, tutto è pubblico, e chiunque entri in contatto con la corte viene avvolto in un filo d’oro, indissolubile e potenzialmente strangolante.
Può essere questa una rappresentazione aliena a menti come le nostre, nutrite di democrazia rappresentativa. Ma il contratto politico che ogni governante russo ha inderogabilmente dovuto rispettare è stato sempre questo: sicurezza all’interno e grandezza all’esterno, in cambio del predominio di un solo uomo e della licenza per lui e per la sua corte di arricchirsi enormemente e di condurre vite al di là di ogni limite.
Quindi dal Gran Principato di Moscovia, passando attraverso Pietro il Grande e Stalin per arrivare a Putin, ogni leader russo si è dovuto misurare con gli stessi problemi. Non conta se l’ideologia di chi guida il paese è zarista, comunista, o neocapitalista: le acque dei porti continuano a gelare, e la pianura nordeuropea è sempre piatta.La cartina geografica che aveva sotto gli occhi Ivan il Terribile nel XVI secolo è la stessa che ha di fronte oggi Vladimir Putin, ed i ragionamenti che ne conseguono sono sempre gli stessi.
Ed ancora il contratto politico stipulato con la nazione russa, ed i modi di adempiere ad esso, continuano ad essere gli stessi di sempre.
Bibliografia:
Tim Marshall. Le 10 mappe che spiegano il mondo. Garzanti.
Simon Sebag Montefiore. I Romanov. Mondadori.
In copertina: Marc Chagal: Villaggio russo sotto la luna (1911)