SCONTRO INCANDESCENTE FRA SGARBI E BONITO OLIVA. L’ARTE NON C’ENTRA, E’ INCOMPATIBILITA’ ASSOLUTA DI CARATTERE FRA DUE NARCISISSIME PRIME DONNE, CHE UN PO’ CI SONO MA MOLTO CI FANNO.
Da una intervista alla Zanzara Radio 24 di Achille Bonito Oliva
“Vittorio Sgarbi come critico d’arte contemporaneo è una nullità ed è solo un conoscitore dell’arte antica. Uno come tanti. Non ha dato nessun contributo importante. Non c’è nessun saggio o libro suo che si ricordi, i miei sono stati tradotti anche in Cina”. A La Zanzara su Radio 24 Achille Bonito Oliva torna all’attacco di Vittorio Sgarbi. “Hanno persino scoperto – dice ABO – che la prefazione di un libro l’aveva scritta la madre. In televisione ogni tanto spiega un quadro alle commesse, alle parrucchiere. E poi si circonda di quelle, solo di quelle. Non è vero quello che si legge che ha avuto centinaia di donne. E’ un pesce lesso, una persona depressa che si accende solo coi riflettori e diventa aggressivo. Non può avere interlocuzioni, può fare solo monologhi”. Bonito Oliva ha vinto una causa contro Sgarbi che gli aveva dato del “porco”, “animale” e “bestia”: “Stanno quantificando la somma. Mi ha offeso sei mesi prima della Biennale. Prima ha negato, poi ha detto di avere l’immunità parlamentare da deputato. Ma la Corte Costituzionale ha bocciato la sua tesi. I soldi li darò agli orfani, io sono orfano di padre e di madre dunque me li tengo. Tra me e Sgarbi c’è una profonda differenza. Io sono narcisista e lui vanitoso, ma la vanità è il pret a porter del narcisismo”.
La differenza fra narcisismo e vanità non è solo quella che Bonito Oliva dice, la seconda sta al primo come una parte al tutto, ma il tutto non è la somma delle sue parti, ma qualcosa di diverso, appartiene non solo ad un rango, ma ad un genere diversi.
Come molti dei miti greci, la storia di Narciso, racchiude un sublime paradosso. Narciso riversa su di sé l’amore che non ha voluto/saputo dare alla ninfa Eco. Già il nome Eco rimanda la figura e la bellezza di Eco a qualcosa di diverso da sé. In un certo qual modo, l’amore verso Eco è intrinsecamente impossibile. Anche se Narciso l’avesse manifestato, esso gli sarebbe rimbalzato contro, proprio come il suono che ritorna all’origine e vi risponde senza rispondergli, ma solo ripetendo. Narciso in realtà non sceglie fra nessuno amore, è semplicemente ed eternamente innamorato di sé stesso perché non può essere diversamente. La sua morte da affogato ci può sembrare perciò un castigo ingiusto.
Mi immagino che nel magnifico quadro di Caravaggio, il pittore abbia voluto riprodurre il rispecchiamento infinito, quasi come una sospensione di un castigo immeritato. Ma è poi un castigo la morte di Narciso? Egli non è come altri eroi macchiato dalla arroganza, dal rifiuto del suo daimon. Dunque, perché punirlo? Ne deduco che il rispecchiamento non ammette il castigo, ma solo il ricongiungimento, l’armonia che per tornare a dominare deve passare per la morte e la rinascita.
L’immagine in evidenza: teschio di Damien Hirst