Dopo più di trent’anni Paul McCartney vola in cima alle classifiche. Con lui anche Ringo, i Rolling Stones, Phil Collins. E’ la riscoperta del rock
Non gli succedeva dal 1989. Trentuno anni dopo, Sir Paul McCartney, alla bella età di 78 anni e mezzo, ha visto un suo album volare al primo posto in classifica nel Regno Unito. “McCartney III”, il disco inciso dall’ex Beatle durante il lockdown, in cui come nei due precedenti “McCartney” della sua produzione solista il bassista mancino suona tutti gli strumenti, ha spiccato il volo in Gran Bretagna ma anche negli Stati Uniti, dove il disco ha portato a uno storico record di vendite di vinili. I fan dell’ex Beatles, infatti, sono accorsi in massa, nella settimana prima di Natale, a comprare la versione in vinile di “McCartney III”, dando vita così alla migliore settimana di vendite per il formato dall’epoca dell’affermazione dei cd, con oltre 1,8 milioni di esemplari venduti. Per la prima volta dal 1986, quindi, alla fine del 2020 i vinili hanno superato le vendite dei compact disk per quattro settimane.
Il baronetto di Liverpool ha festeggiato sui social i suoi (ennesimi) record, esibendosi in un gustoso balletto celebrativo del suo primo numero uno negli Stati Uniti in 31 anni. Era dai tempi di “Flowers in the dirt”, forse l’ultimo grande disco della produzione solista dell’autore di “Yesterday”, che McCartney non si accomodava in vetta alla Billboard.
Sir Paul, classe 1942, se l’è giocata testa a testa con Taylor Swift la partita per primeggiare in classifica. E pensare che la cantante americana è nata nello stesso anno in cui l’ex Beatle aveva conquistato l’ultimo numero uno, con un album di gran qualità in cui spiccavano alcuni brani composti a quattro mani con Elvis Costello come “My brave face”, da qualcuno ritenuta come la più beatlesiana delle sue hit da solista. Nonnetti alla riscossa, insomma: il rock è diventato grande, le icone della sua stagione d’oro invecchiano ma resistono pugnaci come punti di riferimento sulla scena musicale, pur marciando verso gli ottanta anni. Traguardo già raggiunto da Ringo Starr, il batterista dei Beatles che ha spento 80 candeline il 7 luglio dell’anno scorso e che è pronto a uscire il 19 marzo con “Zoom In”, un extended play con cinque canzoni nuove di zecca. Il 17 dicembre è già uscito “Here’s to the Nights”, il primo singolo dell’album che parla di pace, amore e amicizia composto da Diane Warren, che vede partecipare nei cori nomi importanti, tra cui Dave Grohl (Nirvana, Foo Fighters), Lenny Kravitz e Joe Walsh. Immancabile, ovviamente, la presenza nel disco dell’amico di una vita Paul McCartney. I baronetti Ringo e Paul ancora insieme, 158 anni in due e tanta voglia di suonare: Starr sui social si è detto rammaricato di non poter partire a far concerti per via delle restrizioni da Covid.
La riscossa degli over 70 è un fenomeno molto interessante nell’industria discografica. Le piattaforme digitali hanno permesso alla platea dei più giovani di riscoprire agevolmente i grandi classici del pop e del rock. Nel 2019, per i 50 anni dall’uscita del leggendario “Abbey road”, Spotify rese noti i dati sugli ascoltatori dei brani dei Beatles, rivelando che i Favolosi Quattro impazzavano tra i giovani: in totale, a ottobre 2019, il quartetto di Liverpool era stato ascoltato sulla piattaforma di streaming circa 1,7 miliardi di volte e la fascia demografica maggiormente interessata all’ascolto era quella che va dai 18 ai 24 anni. Anche Deezer, altro servizio musicale in streaming, rese pubblici nello stesso periodo alcuni dati demografici riguardanti i Beatles, svelando che il 27 per cento degli ascoltatori dei Fab Four aveva un’età inferiore a 25 anni, mentre il 68 per cento dei flussi proveniva dagli under 45, cioè tutta gente nata dopo lo scioglimento della band avvenuto nella primavera del 1970.
E così, il terribile 2020 che ci siamo lasciati da poco alle spalle, ha visto volare in alto nelle classifiche la vecchia guardia. Non solo Paul McCartney: ai piani altissimi si sono visti anche i Queen. A ottobre quel che resta della band dopo la morte di Freddie Mercury e il ritiro dalle scene di John Deacon ha pubblicato “Live around the World”, album dal vivo che raccoglie registrazioni degli ultimi otto anni di tour fatti da Brian May e Roger Taylor insieme ad Adam Lambert. Tornando, anche sull’onda lunga del recente fortunatissimo biopic “Bohemian Rhapsody”, in testa alla chart d’oltremanica che avevano conquistato per l’ultima volta nel 1995 con “Made in Heaven”, l’album pubblicato quattro anni dopo la morte di Mercury. Niente male per i “ragazzi” May e Taylor, rispettivamente 73 e 71 anni.
E in classifica nello stesso anno ha messo le ali anche un altro veterano come Phil Collins, settant’anni tra qualche giorno. L’ex Genesis quest’estate ha visto il suo “In the air tonight”, singolo del primo album solista “Face Value”, 1981, raggiungere a sorpresa il secondo posto della classifica di iTunes negli Stati Uniti grazie a due fratelli gemelli, conosciuti su YouTube come Twinsthenew Trend (e forti di ben 338mila fan) che con il loro “reaction video” mentre ascoltano l’assolo di batteria di Collins diventato virale hanno rilanciato la vecchia hit del musicista inglese. Un evergreen in qualche misura già familiare ai più giovani per una esilarante scena cult di “Una notte da leoni” in cui Mike Tyson in persona mette al tappeto uno dei protagonisti.
Un milione e 800mila fan dell’ex Beatles, la settimana prima di Natale, hanno comprato la versione in vinile di “McCartney III”. A ottobre i Queen hanno pubblicato le registrazioni degli ultimi otto anni di tour fatti da Brian May e Roger Taylor. Nel 2020 Bob Dylan, che compirà ottant’anni a maggio, ha raggiunto il numero uno in classifica nel Regno Unito.
Al “caso” del video dei fratelli youtuber che ha fatto schizzare in su gli ascolti del classico di Collins, il New York Times ha dedicato un lungo articolo. Nel pezzo dal titolo “Cosa ci dicono Phil Collins e i gemelli di Youtube sulla musica” sul quotidiano newyorchese, Sandra Garcia scrive come “la scoperta della musica può essere un’esperienza di gioia”. E questo perché, se è vero che oggi le piattaforme digitali come Spotify offrono ai più giovani una sconfinata possibilità di scelta e di scoperta anche dei “classici”, è pur vero, sottolinea l’articolo del New York Times, che gli algoritmi delle suddette piattaforme intruppano i giovanissimi in un labirinto di musica contemporanea rendendo più arduo l’avventurarsi sui sentieri del passato. Chi ascolta musica navigando secondo i “suggerimenti” delle piattaforme tende a restare intrappolato sempre nello stesso genere, avvertono gli addetti ai lavori. E allora, per non limitarsi alla musica cucita addosso su misura dagli algoritmi, occorre avere il coraggio di osare e andare oltre e curiosare per sperimentare lo stesso entusiasmo dei gemelli americani di YouTube nell’ascoltare per la prima volta pezzi epocali della musica del secolo scorso (oltre a quello di Collins ci sono altri simpatici video che immortalano il “primo ascolto” di altri grandi classici).
Il battage di altri media di certo aiuta questo processo di riscoperta. La popolarità dei Queen tra i più giovani come detto è schizzata dopo il film da Oscar sulla vita di Freddie Mercury diretto da Bryan Singer e interpretato da Rami Malek, che si è portato a casa la pregiata statuetta. E lo stesso McCartney sta vivendo una nuova ondata di popolarità tra i giovani dopo lo straordinario successo della sua apparizione in tv al “Carpool Karaoke” di James Corden, una ventina di minuti entrati nella storia della televisione, con il baronetto che porta in giro il conduttore nei luoghi della sua Liverpool, dalla sua vecchia casa alla mitica Penny lane: un’autentica delizia che ha conquistato, grazie anche alle condivisioni virali sui social, molti giovani.
In forza di questi meccanismi, gli over 70 possono ancora scalare le classifiche. E non parliamo solo di rock o di pop, ma anche della musica autoriale. Anzi, da Nobel. Nel 2020 Bob Dylan, che compirà ottant’anni a maggio, ha raggiunto il numero uno in classifica nel Regno Unito (il numero 2 in America). Mister Zimmerman è così diventato il più vecchio, meglio “anziano”, musicista a riuscirci con materiale inedito, con il suo album “Rough and Rowdy Ways”, acclamato dalla critica. Insomma, i mostri sacri vendono ancora. E hanno ancora voglia di registrare dischi. I Rolling Stones sono usciti nel 2020 con un nuovo singolo, “Living in a ghost town” (ispirata dalle “città fantasma” del lockdown) e si preparano a sfornare l’ennesimo album nuovo di zecca quando potranno tornare in studio in sicurezza. Le quattro Pietre Rotolanti superstiti hanno un’età compresa tra i 73 anni di Ronnie Wood e i 79 suonati di Charlie Watts.
E va detto che il materiale sfornato dai mostri sacri nella loro terza età è tutt’altro che da buttar via, anche secondo la critica. Rolling Stone ha stilato la classifica dei cinquanta migliori album del 2020, in cui primeggia “Folklore” di Taylor Swift. In mezzo a Lady Gaga, Dua Lipa e alle altre stelle del ventunesimo secolo, ecco al quarto posto il disco di Dylan, al dodicesimo il settantunenne Bruce Springsteen con “Letter to you” e più sotto McCartney e “Power up” degli australiani Ac/Dc capitanati dall’eterno Angus Young, 65 anni compiuti a marzo 2020.
A proposito di vendite, il fenomeno non si replica in Italia, dove scorrendo l’elenco dei singoli e degli album più venduti nel 2020 imperversano solo “giovani” o per lo meno artisti ascoltati dai giovani (decisivi sono gli ascolti in streaming). Insomma. Nello scenario nostrano i vecchi mostri sacri non sfondano in classifica, surclassati dai vari Marracash, Sfera Ebbasta, Ghali e Boomdabash. Eppure, quando la discografia di Lucio Battisti è approdata, attesissima, sulle piattaforme streaming, i brani del musicista di Poggio Bustone hanno fatto segnare numeri di tutto rispetto. Ma anche in Italia i classici, seppur quelli stranieri, si fanno comprare. Soprattutto in vinile, dove tra i dieci più venduti dell’anno si trovano i vari Ac/Dc e Queen, sempreverdi che i nostalgici del buon vecchio giradischi non si lasciano sfuggire.
Negli anni Sessanta, cantando l’irrequietudine di una generazione in “My generation”, gli Who dicevano: “Spero di morire prima di diventare vecchio”. Correva l’anno 1965. La canzone l’aveva scritta Pete Townshend (influenzato dalle teorie di Gustav Metzger, che nel ‘59 pubblicava il Primo Manifesto dell’Arte autodistruttiva), oggi settantacinquenne, e la cantava Roger Daltrey, che oggi va per i 77. I loro due compagni di avventura, il folle batterista Keith Moon e il virtuoso bassista John Entwhistle in effetti morirono prima di invecchiare. Ma alla fine, chi la fortuna di diventare vecchio ce l’ha avuta, anche tra le rockstar, ha scoperto che forse non era poi così male.
Articolo di Salvo Toscano per il Foglio Quotidiano