Le promonizioni di Levi

20 Apr 2015 | 0 commenti

Mussulmani in preghiera Milano

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Scrive Primo Levi: “La premonizione della catastrofe imminente si condensava come rugiada viscida per le case e nelle strade, nei discorsi cauti e nelle coscienze sopite” (Il sistema periodico, Einaudi 1973 pag. 39).

Rileggendo oggi queste parole, il mio pensiero non è andato al periodo storico cui si riferiscono (all’imminente avvio della 2°guerra mondiale), ma agli anni finora trascorsi del nuovo secolo.

Forse l’Italia non è un buon punto di osservazione, anche se il nostro inguaribile provincialismo ci fa ragionare come se ancora fossimo nel Sacro Romano Impero.

Non è nemmeno quello europeo; è più probabile sia quello asiatico, poi forse, ma più avanti, quello dell’Africa.

Per il momento trascuro la polveriera permanente che è l’Estremo Oriente, anche se una domanda va fatta: che si sente di escludere che proprio da lì potrà riaccendersi il fuoco di una guerra planetaria?

Il mito americano si sta sgonfiando e niente pare possa sostituirlo; Kennedy e la “nuova frontiera”, sono svaniti come brina al sole. Obama è un bravo ragazzo che ce la mette tutta…ma ben altri sono i problemi.

Al declino ideologico dell’Occidente corrisponde il declino economico, l’acuirsi dei problemi sociali, cui i sistemi di welfare non sono in grado di rispondere.

Lo slancio ecumenico del Concilio Vaticano II è immiserito in beghe curiali, in scontri di potere temporale, intinte nello squallore di perversioni sessuali tollerate e diffuse. Manca il magistero e la Chiesa è smarrita.

La crescita economica della Cina e dell’India, di alcuni paesi latino-americani, è drogata dagli squilibri del mercato, dalla rinuncia a regole di tutela e rispetto, dall’abuso delle risorse e non rappresentano un nuovo modello di sviluppo, bensì appaiono la riproposizione ciclica di quelli occidentali.

Tutti gli indici sono negativi, in particolare in Italia, ferma al palo da 20 anni e incapace di crescere come nazione civile.

Non siamo nella catastrofe, oppure ci siamo dentro e non siamo in grado di riconoscerla? Perché non è detto che essa debba essere repentina e letale come il morso avvelenato di un serpente. Già nell’esplodere delle bolle speculative americane abbiamo visto che il richiamo al crac delle borse del 1929, non era pertinente.

Ma per tornare alle parole di Levi, nel caso di oggi non è tanto la coscienza che è sopita, né i discorsi sono reticenti o cauti, anzi!, si muore sotto il diluvio delle chiacchere.

Sono gli strumenti di analisi, che mancano. Tutti i vecchi assiomi, le teorie, gli approcci sono armi spuntate. Siamo senza bussola e il mare si fa sempre più agitato.

Cittadini e governanti sembrano assecondare con inerzia l’andazzo delle cose, senza potervi opporre nulla di concreto, perché il nuovo è inedito e spiazzante. Per dirla con Ungaretti (uno che nelle trincee c’è stato) abbiamo sul viso l‘allegria dei naufragi.

Avere la premonizione e non potere fare concretamente  nulla: in questo la similitudine con lo stato d’animo espressa di Primo Levi in queste righe è, purtroppo, calzante, speriamo non lo siano gli esiti.

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