Il materialismo ci soggioga in mille subdoli modi, ruoli, responsabilità, orari, sono come lacci che ci incatenano alla terra e non ci fanno vedere null’altro. Il materialismo ci spoglia e ci mette una divisa, ci spinge in una stanza buia e ci dice che non c’è nient’altro, che la realtà è questa e non ne esiste altra.
Il guaio è che siamo troppo materialisti, la conoscenza del DNA e delle profondità dell’universo anziché ispirarci la grazia ineffabile e perfetta delle forme e dei colori, ha spronato l’accanimento nelle ricerche, dove gli alambicchi e le divise bianche sostituiscono il soffio della poesia, che pure da quei prodigi proviene.
Io credo che la tua non sia una malattia, come tu la chiami, irretito dal positivista alchemico ch’è in ogni medico, medico tu stesso! Non credo sia malattia, non più di quanto sia malata l’acqua di un torrente che si fa torbida, o l’avvizzimento di una foglia malinconica, una coltre di neve che scurisce e sgocciola nella gola di un brolo.
La poesia è misura e ritmo, è equilibrio, è la parola giusta al posto giusto. Perché non può essere misura della vita?
Tu non sei un medico, sei un poeta che come medico riflette sulla vita e, quindi, sulla morte.
I tuoi smarrimenti derivano dal fatto che la poesia non è misura della vita, quindi quando misuri il muro cosparso di cocci appuntiti lo fai come può farlo un medico, pieno di numeri e teorie, che non conosce l’uso del palmo, la piacevole e ruvida freschezza del mattone, di quanto esso riluca ancora caldo di sole sotto i raggi della luna.
Il materialismo ci soggioga in mille subdoli modi, ruoli, responsabilità, orari, sono come lacci che ci incatenano alla terra e non ci fanno vedere null’altro. Il materialismo ci spoglia e ci mette una divisa, ci spinge in una stanza buia e ci dice che non c’è nient’altro, che la realtà è questa e non ne esiste altra.
Anche gli alberi che pure sono legati alla terra hanno più slanci, scrutano il cielo che anelano, uniscono il loro stormire al suono dell’universo, alla siderale melodia che tutto muove.
Noi no, siamo incollati al quotidiano, ci sfugge il respiro del mondo, la bellezza che ci circonda e che pure preme in ognuno di noi. Ci manca appunto la misura e quando ne abbiamo consapevolezza è allora che la vertigine ci assale, è un tonfo che sconquassa e stordisce, e un timore panico ci prende. Il rifiuto del mondo che non riconosciamo più e l’impossibilità di averne un altro hanno la meglio sui bilanci provvisori, le colpe e i misfatti, le cose dette e non fatte, le tante giravolte e i rimpianti, le miserie e gli inganni. Questa è la vita.
La foto in evidenza: nebulosa di Orione vista da satellite