“Dal 2009 il deficit pubblico greco è stato ridotto di uno strabiliante 20 per cento, tanto da trasformare un ingente deficit in una grande eccedenza primaria strutturale. I salari si sono contratti del 37%, le pensioni anche del 48%. Il numero dei dipendenti statali è sceso del 30%, la spesa per i consumi del 33% e perfino il disavanzo delle partite correnti si è contratto del 16%”
Quanto precede è un estratto dell’intervista rilasciata dal ministro delle finanze greco Yanis Varoukakis al The Itish Times e ripreso in Italia da Repubblica. Dati che dipingerebbero uno scenario greco assai diverso da quello che è stato rappresentato in questi ultimi mesi dalle autorità europee, e per molti versi clamoroso. Ma come stanno, dunque, veramente le cose? A chi dobbiamo credere?
Il ministro smentisce che la Grecia non abbia presentato proposte innovative rispetto al passato e lamenta, inoltre, che esse non arrivano sul tavolo dei colleghi ministri per via dell’ostruzionismo della burocrazie. Sembra, insomma, secondo Varoufakis, che ci sia una strategia per depistare, impantanare e rendere inconcludenti le trattative. Ma tutto ciò è veramente possibile? La capacità di governo di questi processi politici e delle relative decisioni in Europa è veramente così scadente, al limite del dilettantismo? C’è da avere paura al solo pensare che le sorti di intere economie e di milioni di europei possano essere affidate a non si sa chi e perché, che si possa arrivare a “decidere” qualcosa così per caso, nella più assoluta contraddittorietà dei dati e nella più completa disinformazione. Nel bene o nel male (lo vedremo già oggi e poi nel plenum dei capi di stato) non abbiamo diritto come cittadini di avere informazioni precise e condivise? Perché la stampa non denuncia questa opacità e comincia ad occuparsi di cose serie?