“Come spesso nelle tragedie, il finale sarà improvviso, la catarsi rovinosa quanto repentina, e non accompagnata da quel pathos che rende l’exit in qualche modo avvincente, se non gradito.”
G.A. è un attore, parla mal volentieri di politica, per me fa un’eccezione, mentre intorno le luci ovattate della hall dell’albergo ispirano toni confidenziali. Ci conosciamo da parecchio, poi i diversi interessi ci hanno allontanati, ma il contatto è rimasto. Ha il volto segnato dalla fatica di un tour molto impegnativo, su è giù per l’Italia.
“Sospendo proprio la settimana delle elezioni. Pensavo al palcoscenico come ad un rito liberatorio. Altre volte mi succedeva, ora no, anzi, la gente è cambiata in peggio. Incapace di cogliere le sfumature, troppo il frastuono esterno. In Italia di liberatorio non c’è rimasto niente, la gente è preoccupata, e lo sento la sera in teatro. I due dioscuri sono pronti a gettare la maschera, ognuno ad accusare l’altro per il fallimento di un matrimonio impossibile.”
Parla di Salvini e Di Maio, naturalmente, le loro foto campeggiano sul giornale che ha appena appoggiato a una poltrona.
“G.A, sghignazza, la voce si alza di qualche tono: Servivano due Bravi, che, sulla strada del Quirinale, avessero sbarrato la strada ai due, non tanto per incompatibilità, ma per manifesta incapacità di intendere politico. “
Ma perché hanno preso tutti quei voti? Come spieghi i sondaggi favorevoli?
“Non lo so, o meglio è stato uno sberleffo, come nella migliore commedia dell’arte. Al peggio di prima, la gente ha scelto il peggio di oggi, per spregio, per un’abiura avventata del sistema politico. Ma sul disprezzo non si costruisce niente, almeno niente di buono. E’ il nuovo è preparato dal vecchio, sempre, anche nelle rivoluzioni. Ma questa è la democrazia, bello! Quella liquida, fatta di tuit e selfie, perennemente connessa al nulla.”
Come vedi queste elezioni europee?
“Non so cosa succederà in Europa. Ma, in ogni caso, l’alba del 27 maggio non sarà radiosa per l’Italia. Ogni strombazzata vittoria sarà effimera e illusoria. Il nuovo che avrebbe dovuto avanzare ha le fattezze della più vecchia partitocrazia, al pari sommersa da scandali, ruberie, risse continue. E i mercati guardano, incredibilmente pazienti, più allarmati che minacciosi. L’italia è ferma, il convento è povero e i frati sono ricchi, dicono le statistiche facendo rosicare i tedeschi, increduli di come noi si rimanga in piedi. L’Europa che sarà, è una nebulosa, o forse un buco nero che tutto inghiottirà. Né in giro si vede un leader degno di questo nome, che non cerchi bagni di folla, ma governi, cioè rimetta l’Italia e l’Europa in corsa, affronti le sfide del globalismo, concorra ad un nuovo ordine mondiale, sottometta a regole Zuckerberg e compagni, e in Italia ispiri un grande piano di rinascita nazionale, finanziato dagli stessi italiani, perché è questo che serve, in questa preannunciata tragedia travestita da farsa che appare l’Italia che lasceremo ai nostri figli.”
Non sei troppo pessimista?
“Mah, sarà anche l’età. Pessimismo? Non so, ma mi vengono spesso in mente le parole che Marguerite Yourcenar fa dire ad Adriano: “persino i gaudenti, da noi, si tediano della felicità. L’incivilimento dei costumi, il progresso delle idee è opera di un’esigua minoranza di spiriti illuminati. La massa resta ignara, feroce quando può, sempre egoista e gretta, e si può scommettere fondatamente che tale resterà sempre.”