Piero Manzoni, un pittore milanese morto prematuramente nel 1963 a soli 29 anni, apparteneva alla avanguardia italiana variamente denominata (spazialismo, pittura nucleare, ecc.)
Un uomo bizzarro assai, amico di Fontana e Baj; autore del manifesto per la “pittura organica”, invitava coerentemente il pubblico a “consumare” le sue opere; firmò la sua scarpa e quella di Mario Schifano dichiarandole opere d’arte. Lo stesso fece con uova sode sulle quali aveva impresso il suo pollice, manco dirlo d’artista. Si inventò la scultura vivente e i palloncini colorati gonfiati col suo “fiato d’artista”.
E’ rimasto famoso per avere esposto un barattolo con su scritto “merda d’artista”, grammi 30 da scambiare con rigorosi grammi 30 in oro, solo 90 pezzi per gli appassionati del genere.
Ma, a riprova che, per oscuri rimandi e strade a volte remotissime, le idee degli artisti nascono su quelle di chi li ha preceduti, va ricordato l’aneddoto riferito da Ambroise Vollard nelle sue Memorie di un mercante di quadri.
Vollard riferisce del rapporto di disistima, quasi di avversità, che intercorreva fra Manet e Cézanne. Troppo diversi i due pittori!
Il primo, parigino dalla testa ai piedi, era nella vita uno snob raffinato; il secondo, provinciale un poco complessato, aveva modi spicci e rustici che, per stizza, accentuava fino alla volgarità quando si trovava con Manet.
Un giorno, ricorda Vollard, richiesto da Manet se stava preparando qualcosa per il Salon, Cézanne irritato e stizzito risponde: Sì, un vaso di merda!
Chissà se Manzoni sapesse di questo aneddoto quando gli venne l’idea di etichettare coi suoi prodotti organici un barattolo (tranquilli, vuoto per assicurare l’intenditore circa la durata del manufatto artistico!).