L’amica di Picasso e grande collezionista svizzera racconta il suo museo e gli incontri con i più grandi artisti del ’900
Lucerna. «Ebbi in dono un Paul Klee al posto di un vestito troppo caro». Seduta, quasi nascosta, in un angolo nella reception dello splendido palazzo al 10 di Pilatusstrasse che ospita la collezione di famiglia, Madame Angela Rosengart mi accoglie con un sorriso gentile e con gli occhi indaganti che brillano di una gioia altera. I capelli grigi raccolti in uno chignon fermato da una retina nera hanno solo mutato di colore rispetto alle foto al fianco di Pablo Picasso, che quello chignon e il viso dall’ovale perfetto, quasi una madonna di Piero della Francesca, ritrasse per cinque volte.
Classe 1932, fiera nella sua minuta elegante magrezza, parla leggera e subito incanta, con racconti che indissolubilmente si legano alla storia dell’arte novecentesca. «Leggendo il cartellino del prezzo del vestito che mi avrebbe donato, mio padre – il grande art dealer Siegfried Rosengart – notò che il prezzo era notevole, e davanti alla mia risposta che in alternativa proponeva un ben più gradito acquisto di un disegno, il babbo approvò compiaciuto il cambio di dono. Il disegno di Paul Klee entrò nella mia collezione personale».
All’età di 16 anni mio padre mi introdusse come apprendista nella sua galleria, che aveva aperto nel 1920, ricorda la signora.
«A 17 anni a Parigi conobbi Picasso, che subito mi propose di ritrarmi». La mano svolazzante indica subitamente un disegno dove giovanissima sfoggia una folta chioma di ricci; al fianco un altro ritratto con lo chignon che ancora la accompagna. «Alla seconda visita, quando lo reincontrai, notò il cambio di pettinatura e subito disse che un nuovo ritratto si rendeva necessario». È quello bellissimo che illustra la collezione Rosengart di Lucerna.
Madame, come era veramente Picasso?
«Il suo sguardo era indimenticabile. Pur piccolo di statura era un gigante, i suoi occhi apparivano magneticamente indagatori – racconta in un inglese posato cui alterna un francese dalle inflessioni gutturali invariabilmente tedesche – e ogni seduta con lui era faticosissima: sembrava di sottoporsi a una lastra ai raggi x. Era un gigante, e io ne ero intimidita, ero così giovane…».
Seguirono altri incontri…
«Molti; veniva in galleria e noi andavamo nel suo studio (lei e suo padre da quegli incontri trarranno numerose fotografie presenti in mostra, ndr). C’erano oggetti dovunque nei suoi atelier e sua moglie Jacqueline – indica una foto che ne fissa il preciso istante – una volta tentò di convincerlo a ripulire il suo studio. Lui che non ne voleva sapere, per caso si fece sfuggire un sì. E lei fu veloce nel cercare di approfittarne per mettere ordine e fare pulizia. Ogni cosa parlava di Picasso…».
Che aria si respirava in quelle case ?
«Vede quella foto davanti al lavabo, con quei piatti apparecchiati alla buona? Era la loro casa, nel giorno del loro matrimonio e così si festeggiava a Vallauris…» . Sorride.
Dunque l’amicizia condizionò le sue scelte di collezionista e di gallerista?
«Mio padre mi ripeteva sempre devi scegliere quel che tu vuoi per te stessa ed è questo il criterio che ha guidato le nostre collezioni, anche quando l’ultimo Picasso trovava poco mercato fra i collezionisti, e giusto in quel periodo arricchimmo la nostra collezione con invenduti che scegliemmo e tenemmo per noi».
E proprio la produzione dell’artista spagnolo dopo la Seconda guerra mondiale costituisce l’unicum di questa collezione svizzera, visto che il Kunstmuseum di Basilea si focalizza sul periodo cubista mentre la Fondation Beyeler punta sugli anni centrali della produzione picassiana. Un esempio su tutti della preminente collezione di Lucerna è lo strepitoso “Portrait d’un peintre (d’après El Greco)” del 1950.
La collezione vanta però non solo i 30 capolavori di Picasso – fra cui si annoverano la “Femme au chapeau”, del 1961 e la “Femme au chapeau de paille sur fond fleurì” del 1938 , il “Portrait de Dora Maar” del 1943, “Le Gentilhomme à la pipe et fleurs” del 1968 a cui sono dedicate le sale centrali del museo – dal momento che il nucleo più importante del museo è costituito da oltre 100 opere di Paul Klee.
«Fu proprio un disegno di Klee il mio primo acquisto. X-Chen del 1938 diede l’avvio alla mia collezione», racconta la signora Rosengart con un’emozione che sembra riportarla indietro al passato.
«Quanto a Klee era il mio prediletto, anche se Picasso lo detestava. Picasso lasciava poco spazio agli altri artisti…».
Poi ci sono i Fernand Léger, fra cui Contraste de formes del 1913, uno dei fiori all’occhiello della collezione, l’evocativo Portrait Henri Laurens assis di Amedeo Modigliani del 1915. E ancora Braque, Kandinsky, la Danseuse del 1925 di Mirò, una veduta, dei bagnanti e una natura morta di Cézanne, numerosi Chagall, opere di Seurat, Monet, Pissarro, Bonnard, Utrillo, Soutine.
Dal gusto personale di due eccelsi mercanti d’arte, uniti da un grande amore per l’arte, nasce questa raffinata e unica collezione che ha aperto i battenti nel 2002. Una visita per chi si reca a Lucerna è fortemente raccomandata.
Articolo di Stefano Biolchini per Il Sole 24 Ore
The Rosengart Collection, Lucerna