Ho davanti a me una bottiglia di King Edward I old blended specially selected scotch whiskies, 100% scotch whiskies distilled in Scotland, Glasgow, importato dalla Martini e Rossi in epoca imprecisata, ma verosimilmente anni 1960. Timbri, firme, caratteri rossi e nero in gotico desueto: impresso sulla bottiglia un cavaliere armato, degno testimone della Tavola Rotonda.
E’ il frutto della preveggenza geniale, della generosità silente e ruvida di un uomo che nel ricordo ha puntato le sue carte, sapendo che solo la storia darà a tutti il giusto.
All’apertura il tappo si sfarina, con l’agibilità di una donna oramai arresa e fremente. Bisogna procedere con infinita cautela, per raggiri, con cerchi elusivi del cavatappi, portarla allo scoperto, ma con disinvoltura.
Nel bicchiere sottile e snello il whisky ( ma come lo sminuisce il nome!) è brillante, ambrato, con riflessi chinati. Aspetta di vivere, di assaporare l’ossigeno della stanza, di accogliere il caldo abbraccio della mano che a lungo lo vezzeggia, lo avvolge. Si svolge un rito che è una vera e propria dichiarazione di amore: un indugiare, un assaporare, un inalare i profumi, l’elisir che è anima prima che liquido, un odore di intimità segrete, evaporate per la prima volta, sfuggite occasionalmente e dimenticate, come una carezza sfuggente.
L’asprezza dell’alcool è oramai un ricordo sbiadito, il bruciante incedere s’è trasformato in un persistente ricordo di profumi, di sentori che lenti macerano in attesa di congiungimenti inesplicabili che la chimica definisce reazioni, ma la poesia e l’olfatto fusione miracolosa, inattesa scoperta del mondo.
Allora si torna bambini, magari sulle rive di un torrente, avvolti dal profumo della meliga e del papavero, della rosa canina, del finocchio selvatico.
Oppure già si pencola, beato equilibrio della giovinezza, su un orto, dalle frasche di un fico, negli occhi il rosso maturo dei pomodori, la lucentezza turgida delle melanzane, simili a mammelle, la pelle tatuata dal succo del gelso, scuro e torbido come il sangue.
Poi, quando il rito sembra concluso e l’ultimo sorso si è dissolto fra il palato e il cuore, se solo hai l’indugio della saggezza e lento incedi con infinità, ecco inatteso l’odore di fondo: il tabacco che sopravviene alla dolcezza delle uve, una concia dell’anima che ti persuade di essere lì, indegnamente, ad assaporare il prodigio.
Per gli amanti del whisky e del bere in genere, suggerisco:
www.passionewhisky.wordpress.com/category/whisky-da-leggere/
www.laphroaig.it/it/news/news_547.html
www.lucianopignataro.it/a/marchette