MI MANCA IL CAFFE’ ITALIANO, MA PIU’ ANCORA LE NUVOLE SOPRA SANREMO, CHE NON CONOSCONO CONFINI- DALLA SUA QUARANTENA PARLA PATTY SMITH: RIMANETE POSITIVI, PIU’ FRANCESCANI, MA DOPO DOBBIAMO FARE LA RIVOLUZIONE.
Poco prima che scattasse il lockdown anche a New York, Patti Smith ha annunciato il quarto concerto della sua estate italiana, a Milano, al Castello Sforzesco, a fine luglio. Che i concerti si facciano davvero ora è difficile crederlo, anche se nulla di certo è stato comunicato per questi e gli altri appuntamenti live. Patti Smith è in isolamento, da sola, e sta bene. «Oggi avrei dovuto essere in Messico, poi sarei dovuta andare in Australia – ci dice al telefono da New York – mi piace viaggiare e lavorare, non lo posso fare e questo è il dispiacere più grande. Fortunatamente per me, sono una scrittrice, posso continuare a scrivere. Mi alzo al mattino molto presto, do da mangiare al gatto, poi scrivo, bevo un caffè, cerco di tenermi impegnata. Dico a tutti di non chiamarmi prima delle 11. Alla solitudine sono abituata, non mi pesa, ma è dura per me essere chiusa in casa, sono irrequieta, ho bisogno di muovermi. Non mi lamento, dico semplicemente che è difficile per me immaginare un mondo in cui non è possibile acquistare un biglietto aereo e andare a Parigi, o venire in Italia. Ma cerco di rimanere positiva, ripenso alle cose che ho fatto, ai posti che ho visto e spero che presto si possa tornare a viaggiare. Conta molto rimanere positivi, mangiare sano e bere molto, e se proprio ho bisogno di muovermi posso andare su e giù dagli scalini».
Ho sentito di scrittori che in questi giorni non riescono nemmeno a leggere.
«Sì, anch’io ho avuto una crisi qualche giorno fa, non riuscivo a fare niente, forse perché la mia mente era ormai tarata sui viaggi e sulle performance, tutte attività rivolte verso l’esterno, non mi è stato facile accettare di rimanere sola e chiusa in casa. Ho passato quella fase imponendomi una routine. Mi sono detta: ok, per le prossime ore rimango qui a scrivere. Oppure rileggo ciò che ho scritto, o studio. Al limite, riordino i libri, vedo se ne trovo alcuni da regalare o prestare».
Che cosa studia?
«In questo periodo la Storia. Nella epidemia di Spagnola, nel 1918, morì anche mio nonno. Cerco di saperne di più. E poi, come ha reagito l’Europa alle due guerre mondiali? Cosa sta accadendo in Siria oggi? La storia più remota e quella vicina a noi. Mi è molto utile. Poi sono fortunata, ho un posto in cui vivere, il cibo non mi manca, ho l’acqua corrente. Lo dobbiamo sempre ricordare, ci sono moltissime persone che hanno una vita più difficile della nostra».
Crede che questa epidemia cambierà il mondo?
«Lo spero, anche se poi vedo che al presidente degli Stati Uniti tutto questo non importa. E mentre scoppia una pandemia, lui fa passare leggi che favoriscono chi inquina e libera alle speculazione spazi finora protetti. Vivo in un Paese guidato da un uomo che non vede la necessità di una cambiamento positivo nel rapporto con l’ambiente. Spero solo che non tutti i leader siano così stupidi. Abbiamo bisogno tutti di un cambiamento rivoluzionario, di essere meno materialisti, più empatici, più francescani, direi».
Ci sono leader che stanno approfittando della situazione per prendere tutto il potere.
«Vediamo sorgere nuovi e vecchi nazionalismi, il peggio che possa accadere oggi, oltre alla distruzione dell’ambiente naturale. Il nazionalismo porta alla guerra, distrugge l’empatia e la carità. Dobbiamo vigilare».
Prima di chiudersi in casa, ha registrato un video per l’Italia e i Paesi colpiti dal virus con sua figlia Jesse e ha recitato una poesia, A Pythagorean Traveler, che parla di nuvole. E le nuvole non conoscono confini.
«Ma in certi posti sono più belle che altrove. L’ho scritta in Italia, a Sanremo, un giorno in cui mi sono svegliata e… Ho sempre amato le nuvole, da sempre le cerco con lo sguardo. Quel giorno a Sanremo erano così belle che ho pensato stesse accadendo un miracolo, pensavo di trovare tutti a testa in su e invece nessuno sembrava accorgersene. Volevo dire a tutti: guardate che nuvole».
A proposito, il tour italiano?
«Una certezza ce l’ho: prima o poi, tornerò in Italia. Appena sarà possibile volare, la mia agente e amica Rita Zappador farà in modo che questo accada. Verrò sempre in Italia, anche quando sarò molto molto vecchia. È uno dei miei Paesi preferiti, mi piacciono tanto le persone e naturalmente l’arte, tutto, le strade, come si mangia, il caffè. Voglio rivedere l'”Ultima Cena”, bere il vostro caffè, andare alla Scala, visitare le chiese di Assisi, tornare a Trieste, Arezzo, San Severino, Firenze, in tutti i posti che amo. L’Italia la sento un po’ mia. E qui con me ho molte fotografie scattate in Italia, molti libri, i film di Pasolini e Fellini, l’Italia è sempre con me. Mio marito Fred, che si chiamava pure lui Smith e che come me amava il vostro Paese, diceva che forse il nostro vero nome era Smitholini».
Ha visto il Papa in preghiera nella piazza San Pietro vuota?
«Sì, un’immagine bellissima, potente. Mi piace Francesco, c’è purezza in lui. Non si può essere d’accordo su tutto, ma mi sembra un uomo buono. Mi è tornata in mente la foto di Giovanni Paolo II in carcere con l’uomo che gli aveva sparato. Due fotografie, e due Papi, molto diversi tra loro, che mi hanno dato la stessa emozione: due persone che dentro se stessi in profondità e mostrano il vero significato della parola preghiera». —
Corriere della Sera, intervista di Barbara Visentin