Fernanda Pivano è stata la traduttrice dei grandi scrittori americani, quando ancora i loro libri circolavano clandestini sotto il Fascismo, amica personale di Hemingway, quella che in Italia ha fatto conoscere artisti e cantanti della beat generation e gli scrittori underground. Memorabile resta la sua traduzione de Antologia di Spoon River, una raccolta di poesie di Edgard Lee Masters. Una grande donna che ha saputo interpretare assai bene gli anni del secondo ‘900, nonostante l’amore tormentato con l’archistar Sottsass e una vecchiaia incupita dalla malattia. Ecco il ritratto che ne fa Giuseppe Turani, sul suo sito (www.uominiebusiness.it/default.aspx?c=635&a=24121&tag=Personaggi/) dove potrai trovare altri ritratti di donne memorabili. Su di lei ulteriori considerazioni le trovi su questo sito digitando l’articolo Fuochi d’artificio.La pagina si chiude con un video che contiene un’intervista di Pivano a Kerouac, strafatto di alcool, e testimonianze sul rapporto della traduttrice con gli altri scrittori americani.
Anche in tarda età si ostinava a cercare giovani poeti o scrittori di talento. Spesso si sbagliava. Ma sarebbe sciocco fargliene una colpa: lei amava i poeti, gli scrittori e i musicisti, e aveva passato tutta la vita a fare scoperte. E continuava. Non è colpa sua se la scena italiana offriva poco, a parte il suo amatissimo De Andre’, da lei definito come il più grande poeta italiano del 900.
D’altra parte Fernanda Pivano (solo Nanda, per tutti) aveva fatto talmente tanto per la letteratura che le si poteva concedere l’illusione di scoprire grandi poeti anche dove non ce n’erano.
La sua è stata una delle vite più straordinarie che si possano immaginare. Basterebbero due sole citazioni per descriverla. Nel 1992 a Torino, durante una delle sue ultime letture in pubblico delle proprie poesie, Allen Ginsberg, pronunciò queste parole: “E’ a lei, e soltanto a lei, che noi scrittori americani dobbiamo tutta la nostra fortuna in Italia, e forse anche in Europa”. Dopo di che, un abbraccio e otto minuti di applausi scroscianti.
Sei anni dopo, all’inaugurazione della biblioteca che porta il suo nome e quello di suo padre, tocca a Gregory Corso, l’ultimo sopravvissuto della beat generation, rendere omaggio alla Pivano: “Lei è stata la prima che ci ha visto, ha capito quello che i nostri versi, le nostre poesie denunciavano e ci ha aiutati. Grazie Nanda”. Di nuovo abbraccio e applausi convinti.
Fernanda nasce a Genova nel 1917 in una famiglia di buona borghesia. Al liceo come compagno di scuola ha Primo Levi e come supplente di italiano Cesare Pavese, il grande intellettuale (che morirà poi suicida), in seguito motore della casa editrice Einaudi e grande esperto di letteratura americana.
E è proprio Pavese che segna il destino di quella sua giovane allieva (lei e Primo Levi non vennero ammessi all’esame di maturità perché giudicati “non idonei”). E lo fa nel modo più semplice: nel 1938 (in pieno fascismo) le porta quattro libri in inglese e le dice di leggerli. Si tratta di Addio alle armi di Hemingway (che lei tradurrà clandestinamente), Foglie d’erba di Walt Whitman, di Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master e dell’autobiografia di Sherwood Anderson.
Nel frattempo la Pivano si è laureata prima in lettere e poi in filosofia con Nicola Abbagnano, e si è anche diplomata in pianoforte al Conservatorio.
La sua carriera di grande traduttrice comincia nel 1943, quando pubblica per Einaudi (sotto la guida di Pavese) la versione italiana dell’Antologia di Spoon River. Cosa per cui viene arrestata dalle SS. In una retata alla Einaudi avevano trovato un contratto per tradurre Addio alle armi, intestato per sbaglio al fratello Franco, che era stato portato al comando delle SS. Fernanda si reca lì per chiarire l’equivoco. Due ufficiali tedeschi la interrogano per ore, poi rilasciano sia lei che il fratello. Addio alle armi verrà poi pubblicato solo nel 1949.
Nello stesso anno Fernanda, che è bellissima, sposa un uomo che ha poi amato tutta la vita (anche dopo la separazione): il designer e architetto Ettore Sottsass.
Ma un anno prima, nell’ottobre del 1948, conosce Hemingway e nasce un rapporto straordinario. Lui è a Cortina e la manda a chiamare: ha saputo che è stata arrestata dalle SS perché aveva un contratto per tradurre un suo libro. Quando se la trova davanti, infatti, le dice subito: “Tell me about the Nazi”. Il rapporto diventa talmente stretto e personale che Hemingway vuole aprire la posta del mattino insieme a lei: Fernanda legge le lettere in italiano e lui quelle in inglese. Poi, rispondono. In un’altra occasione la chiama con urgenza a Venezia perché vuole farle leggere un manoscritto prima di consegnarlo all’editore. Lei legge e non le piace tanto. Lui se ne accorge e dice solo: dovrò lavorarci ancora un po’.
Finisce che Fernanda tradurrà in italiano tutti i libri di Hemingway, ma anche di Fitzgerald, William Faulkner e moltissimi altri. In realtà è difficile trovare un classico della letteratura americana che non sia stato tradotto da lei. Hemingway le vuole così bene che la invita anche nella famosa Finca di Cuba, un onore riservato a pochi.
Tutto questo senza aver mai messo piede in quell’America che aveva segnato tutta la sua vita attraverso le opere dei grandi romanzieri. Il suo primo viaggio negli Stati Uniti è del 1956, grazie a una borsa di studio (chiederà al dipartimento di stato di poter fare una deviazione a Cuba, proprio per andare a trovare Ernest).
E in America ha la seconda folgorazione della sua vita: gli scrittori e i poeti della beat generation, il movimento alternativo degli anni Cinquanta e Sessanta. Diventa amica di tutti, lei stessa racconterà divertita , di quella volta che uno di questi (Ginsberg o Corso) cerca di farsela e lei si difende con qualche difficoltà, porta tutti in Italia traducendo i loro libri, e facendoli conoscere. In pratica diventa la madrina di quei protagonisti molto bizzarri della scena americana.
Nel suo cuore, però, c’è anche la musica. E, prima di tutti De André. Lei stessa ricorda che la prima volta in cui il cantautore genovese va a trovarla a casa sua, lascia la chitarra fuori dalla porta: “Non vorrei disturbare”, si giustifica. Un’altra volta va al Forum di Assago a sentire un concerto di Bob Dylan. Gli amici le hanno procurato un posto in prima fila. Finito il concerto, tutti la riconoscono e parte un grande applauso
Fra i suoi grandi amici americani c’è anche la cantante Patti Smith, eroina della beat generation, del rock e del punk. Qualche anno dopo gli incontri americani, si riabbracciano a Genova, dove Patti è venuta per un concerto. Ecco come la stessa Fernanda ha raccontato l’episodio: “«…quando sono andata a trovare Patti Smith a Genova, portavo al collo il mio simbolo antinucleare di Bertrand Russell e, quando Patti Smith è comparsa sulla scala, mi sono accorta subito che lo portava anche lei sul risvolto della giacchettina nera diventata la sua uniforme”.
Fernanda ha ormai 86 anni, è malata, e i suoi amici scrittori sono tutti morti. Sa che Patti li ha vegliati uno per uno nelle loro ultime ore. E di questo conversano. Nel 2011 a Venezia si proietta un docufilm sulla Pivano. Patti Smith c’è e canterà sul red carpet della Mostra del cinema, in omaggio all’amica che non c’è più, che se n’è andata insieme ai suoi scrittori.
di Giuseppe Turani
(Dal Quotidiano Nazionale” del 15 novembre 2015)