IL RV TRENO DELLA VITA: SPORCO O PULITO, IN RITARDO O PUNTUALE, VUOTO O PIENO CHE SIA, NULLA PIU’ DEL RV RIASSUME LA PRECARIETA’ DEL VIVERE E L’ARBITRARIETA’ DEL CASO
Da studente mi domandavo, durante gli indugi del pendolare, perché avevano messo il nome di accelerato ad un treno che partiva un po’ a capriccio, arrivava sempre in ritardo, si fermava in aperta campagna (inspiegabilmente, fino a quando la coincidenza con un treno che ci frecciava velocissimo accanto mi faceva capire che, come nella vita, anche fra i treni ci sono delle precedenze da rispettare). Accelerato vuol dire ciò che procede più veloce. Ma di che? Dall’omnibus mosso dai cavalli?
A metà degli anni ’70 del secolo scorso (quando nacquero le Regioni), credo per pudore, o in un attimo di sincerità, cambiarono nome agli accelerati, che divennero treni locali, cioè “roba loro”, che si arrangiassero! Infatti i locali rimasero sempre sporchi, inaffidabili e cronicamente ritardati.
Anche sui binari, l’aggiornamento semantico segue la regola del political correct. Adesso si chiamano regionali veloci, ibridi della terza specie, che arrancano in una terra di mezzo, dove non arriva affatto la rarefazione tecnologica e sofisticata delle frecce bianche o rosse che siano o dei leprotti di Italo. Unico lusso: gli annunci anche in inglese e qualche raro display bilingue con il nome della successiva fermata. I sedili sono scomodi lo stesso. In quanto ai cessi non so, io vado prima, immancabilmente e… fino in fondo. Prostata permettendo.
Il bello dei regionali veloci è che si torna ai ritmi, agli indugi, alle incertezze di una volta: parto o non parto e quando parto? Sono i primi treni ad essere falcidiati in caso di sciopero. Per quale motivo i macchinisti se la prendano con loro è inspiegabile, dal momento che, proprio alla guida dei regionali, essi si rivedono e prendono una faccia e una voce, e un’aria di importanza. Sospetto che sui frecciarossa in cabina ci siano solo dei robot, e quelli non scioperano, anche se non è detto: se danno ai robot sentimenti umani siamo fritti!
Oggi ho voluto appunto tuffarmi nel passato. Non volendo tirare fuori la macchina ho scommesso che mi sarei riposato in treno senza preoccuparmi di arrivare prima (mai) o dopo (quasi sempre), certamente spendendo di meno: 14 euro per circa 120 km, cambio treno compreso. Un affare! Tanto più che, per non partire deserto, alla stazione intermedia, con qualunque ritardo arrivi, trovi sempre per la coincidenza un treno che aspetta, paziente e sonnacchioso.
Nella terra di mezzo, il regionale veloce si muove vibrando e sussultando, fra stridori di lamiere e cigolii, per lo più in campagne aperte e un poco inselvatichite, con i rami degli alberi che quasi sfiorano i finestrini, da dove si intravvedono casolari isolati, piazzali ingombri di macerie, macchine parcheggiate di fronte a case all’apparenza disabitate. Tutte cose che a 350 km orari ti sfuggono e che, adesso, invece vedi come alla moviola.
Il treno regionale veloce è un treno democratico e paritario: esiste sola una classe, la seconda. Se c’è la prima fatichi a capire la differenza, solo un po’ meno affollata. Ma non è detto, anche qui, perché a volte sale del personale trasfertista. In Tailandia mi raccontava un amico, se vai in business ti portano cuscino e stuoia di lino per rilassarti. Qui puoi dormicchiare lo stesso, i controlli sono facoltativi, e se non ricordi il codice di recupero non serve far finta di cercare nelle tasche il biglietto, in qualche modo ci si arrangia.
Il treno regionale veloce è il treno giusto per studenti, massaie con le sporte, i vu cumprà, i portoghesi. E’ anche il treno multietnico per definizione. Avete presente Cafè express il film di Nanni Loy con Nino Manfredi ? Toglieteci i napoletani di allora e metteteci a gusto qualche slavo, qualcuno del Centro Africa, qualche cinese, è il set è pronto, meglio che al cinema. Solo i controllori, quando si fanno vedere, sono più arcigni e fanno della discesa agli inferi di una stazioncina sperduta del nullatenente (ticket) un fatto personale.
Il treno regionale veloce è frequentato da gente simpatica, che non se la tira, che con la stessa disinvoltura aiuta una vecchia a scaricare i bagagli o glieli frega.
Ecco il fascino che si rinnova sui regionali veloci: l’imprevedibilità, il caso, il Daimon che a passo lento, rallentato, ci sta sempre accanto e si fa beffa del controllore. Anche lui clandestino.