“RISOLVERE” LA MORTE REGOLANDO L’OROLOGIO BIOLOGICO- L’IMMORTALITA’ A PORTATA DI MANO?- PER ALCUNI PUO’ APPARIRE UN SOGNO, PER ALTRI UN INCUBO- NEL FRATTEMPO SCIENZIATI CI LAVORANO E C’E’ CHI PENSA AL COLOSSALE BUSINESS.
Nel 2015 la casa editrice Bompiani ha pubblicato un libro dal titolo Da animali a dei, del saggista e storico Yuval N. Harari, in cui si poteva leggere: ” Per la prima volta nella storia sono più le vittime degli eccessi di cibo che quelle per denutrizione. Si muore di più per la vecchiaia che per le malattie infettive. Nelle società antiche una fine violenta toccava al 15 per cento delle persone, oggi siamo sotto l’1 per cento. In questo secolo punteremo all’immortalità. O meglio, tenderemo a vedere la morte come un banale problema tecnico. Del resto già nel 2013 Google ha lanciato la società Calico che ha la missione di combattere l’invecchiamento e – come dicono i fondatori – “risolvere la morte”».
Ebbene, chi ci sta lavorando sembra abbia ottenuto i primi risultati. In California, al Salk Institute di La Jolla, utilizzando le scoperte epigenetiche del premio Nobel 2012 per la medicina Shinya Yamanaka, sono riusciti a dimostrare che l’invecchiamento è un processo plastico che non avviene necessariamente in un’unica direzione. Sia sulle cellule in vitro che su topolini da laboratorio si è riusciti a riprogrammare i fattori che agiscono sull’invecchiamento delle cellule, recuperando la struttura e la funzione di epoche della vita precedenti, e i tessuti sono tornati vitali con un tempo e la vita dei topolini si è notevolmente allungata.
Tornare giovani, tornare sani, vivere più a lungo, quasi a proprio piacimento. E’ questo il nostro futuro?
E chi lo deciderà? Forse un algoritmo? Lo potranno fare solo i ricchi e non i poveri? Quando il mio genoma sarà in un computer, io collegato con dei sensori h24 e così le mie funzioni vitali, un “medico artificiale” potrà fare diagnosi istantanee e di una precisione impressionante. Cosa ne sarà del medico di base e degli ospedali?
Anche chi come noi fa prevenzione sarà costretto ad adottare nuovi paradigmi, mutare obiettivi e metodi, esplorare, in poche parole, un pianeta sconosciuto.
A me è venuto il mal di testa solo a pensarci, ma non mi sono sentito di fare una scettica alzata di spalle, perché non stiamo parlando di fantascienza, ma di cose che sono vicine, molto vicine. Gli enormi, repentini sviluppi della medicina e dell’intelligenza artificiale stanno lì a dimostrarlo. E’ meglio che ci prepariamo prima di esserne travolti.