COSI’ LA PENSA GEPPETTO. L’ANALISI DELLO PSICODRAMMA DEM SUL LETTINO DELLO PSICANALISTA- PERCHE’ LA MINORANZA NON CONVINCE E QUALI ERRORI HA FATTO- COSA SARA’ PER RENZI IL CONGRESSO DEL PD- RENZI VS GRILLO LA VERA PARTITA.
Ho sempre creduto che i processi cognitivi-comportamentali dei politici siano alquanto alterati, e del tutto difformi dalle comuni reazioni di fronte agli eventi, costituendo a volte disturbi da affrontare con adeguate terapie individuali o di gruppo. E’ la conferma di quanto si sa da tempo: chi fa professione di politico vive in un modo tutto suo, con regole arcane e azioni imperscrutabili dai cittadini elettori.
Lo psicodramma che, dal referendum istituzionale a tutt’oggi, dilania il Partito Democratico lo conferma. La posizione dalla maggioranza renziana è chiara: abbiamo preso una sonora scoppola, andiamo al congresso, eleggiamo i nuovi vertici, pensiamo ad un nuovo programma in grado di battere il centro destra, ma più ancora di togliere terreno sotto i piedi di Grillo. Queste, almeno, le intenzioni, che poi ci riescano è tutto da vedere.
E’ la risposta della minoranza ad essere incomprensibile: pretendere che Renzi esca dalla corsa per il rinnovo della segreteria equivale a dire: lasciateci vincere il congresso che, a qual punto, diventerebbe del tutto inutile: eliminato il concorrente più temibile tanto varrebbe nemmeno farlo.
La melina secondo la quale bisogna avere più tempo per discutere sennò si va a sbattere, come dice Bersani, dimostra solo una cosa: la minoranza non è pronta perché non ha un candidato, non ha un programma, non ha idea di quale possa essere il perimetro delle alleanze, visto che, come i gamberi, siamo ricaduti nel proporzionale, croce e delizia della prima repubblica.
E col proporzionale, ecco che redivivi gruppi e gruppuscoli rialzano la testa, intenti alla conta dei voti e delle poltrone, anche al costo di una scissione.
Fin qui l’analisi è la solita analisi politica dei giornaloni a finanziamento pubblico, sbilanciata verso l’una o l’altra parte a seconda delle tendenze di chi scrive.
Ma l’analisi psicologica è assai più interessante e dice molte più cose.
SCONFITTO MA NON CADUTO
Renzi ha perso, e anche male, ma non è caduto. Chi cade nella polvere sconfitto, non pensa ad un secondo tempo, ma all’abbandono. Raccolte le residue aspettative, il caduto svolta pagina, cerca altre strade. E’ il primo ad essere contento di essere dimenticato, proprio perché la vita di prima gli ripropone amaramente la sconfitta. La storia ci fornisce innumerevoli esempi, da Cincinnato in poi. Ma più vicino a noi, l’idealtipo di questo modo di essere è stato Walter Veltroni, ex segretario “a vocazione maggioritaria”, tornato alla televisione e al cinema, le sue antiche passioni. Le idee avanzate e le speranze del Lingotto non gli potevano consentire di rimanere, e lui non è uomo da accontentarsi di uno strapuntino.
Ma torniamo a Renzi. Egli è sembrato riconoscere la sconfitta, ma i suoi comportamenti e le sue intime convinzioni non sono affatto mutate. Non lo può dire (l’elettore ha sempre ragione!), ma lui nel suo intimo non la pensa così, anzi! Se fosse caduto il conducator avrebbe fatto un botto notevole, avrebbe scompaginato il quadro, azzerato situazioni e programmi. Così non è successo perché, appunto, l’ex segretario del PD non è caduto e il governo Gentiloni è la naturale prosecuzione del suo: stessi ministri, stesso programma, stessi problemi. Di ciò sembra avere preso nota per primo e lucidamente Mattarella.
PERCHE’ I TOPI NON SCAPPANO ?
Altro indizio c’è lo fornisce la psicologia dei gruppi. Essa prende in esame il comportamento abituale nei confronti del leader caduto: tutti lo abbandonano. Con una bella metafora si dice che quando la nave affonda i topi scappano. Così non è stato nel caso di Renzi. Nel PD i renziani sono ancora in maggioranza e non ci sono state defezioni di sorta, solo si è visto qualche riposizionamento tattico. Il capo cade e la maggioranza resta? Di questo controsenso la minoranza non sembra capacitarsi. La rivincita rinviata ? L’impolitica posizione di volersi sbarazzare di Renzi, come condizione sine qua non per fare la pace, parte da un presupposto psicologico che non c’è nella testa di Renzi, ignora la realtà dei fatti, andati in senso opposto a quanto desiderato, e sbarella in quanto a logica comune. Perciò la gente non capisce.
UNA BUONA MINORANZA
La minoranza aveva sbagliato ancora prima, quando ha pensato di contrastare apertamente il referendum, quando avrebbe potuto seguirlo tiepidamente, con blande critiche o avvertenze per l‘uso (ad esempio sconsigliare di fare dei quesiti un minestrone). Perdere il referendum non poteva fare piacere a nessuno, questo è quanto la minoranza avrebbe dovuto dire. Se anche il timoniere è maldestro non per questo si dimostra attaccamento alla causa accanendosi affinchè la barca finisca sugli scogli.
In altre parole, se una minoranza vuole diventare maggioranza deve dimostrare, agli occhi dei militanti, di avere forte attaccamento alla casa comune, non definirla “ditta”. Il partito, viene innanzi tutto e su tutti, altro che personalismi! E rispetto delle regole, per tutti! A cominciare dalla prima: chi vince governa. Questo, almeno, avrebbe dovuto succedere nell’ultimo partito non aziendalistico e patronale rimastoci, erede degli antichi apparati novecenteschi.
Viceversa, il clamore della ostentata e irriducibile opposizione, come quella fatta da D’Alema e Bersani, spezza, ma non costruisce. Risultati? Agli occhi e nella testa dei simpatizzanti, Renzi la sconfitta la divide con la minoranza. Renzi rimane in piedi, quasi fosse un martire, morto per la giusta causa e per mano dei traditori.
COS’E’ IL CONGRESSO NELLA TESTA DI RENZI
Per i motivi esposti, ignorati purtroppo dalla minoranza, e psicologicamente parlando, il congresso per Renzi, non poteva essere un momento di ricucitura interna al partito, né sarà una vera e propria resa dei conti (dal momento che vincerebbe anche a mani legate). Anche perché gli oppositori, inermi e confusi come naufraghi, usciranno prima.
Per Renzi e il suo gruppo il congresso sarà una terapia riabilitante, il superamento delle paure e delle fobie accumulate con la sconfitta, un rito di iniziazione verso la maturità politica adulta, fuori delle impazienze e dai pressapochismi rottamatori. Poi per la sinistra ci saranno le elezioni, e lì sarà dura presentarsi a tavola numerosi come mosche e altrettanto fastidiosi.
Articolo di Geppetto per Ninconanco
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