Le amicizie frettolose sono come alberelli che crescono rapidamente e senza tutore. Rischiano di piegarsi, magari di spezzarsi. Non hanno avuto il tempo sufficiente per avere dietro una storia che le sostenga e le rafforzi. Pensavo a questo quando ho rivisto P. L’ho osservata con un’attenzione insolita, poiché succede che si trascuri chi si pensa di conoscere. Stivali alla D’Artagnan, occhiali pop tipo Andy Warhol, unghie colorate alla Crudelia Demon. Ma l’amica non è crudele e non è un demonio, anzi! Poi non è scheletrica, né ha i capelli metà bianchi e metà neri. In quanto all’aria di ereditiera sfaccendata, non potrebbe essere più diversa. E’ infatti in cassa integrazione, ne parla con disagio, come di una cosa cui non riesce ad abituarsi.
Non è più giovane ( così si descrive mentre lascia cadere lo sguardo sulla rassegnazione del mondo), ma a vederla in movimento è più vitale delle tante, troppe ventenni mollaccione che vediamo per le strade. Ora che la vedo smanettare al cellulare seduta al tavolino del bar penso a una posa studiata, a qualcosa di compulsivo, quando invece, se la osservo introspettivamente, intuisco che cova un progetto, un’idea folle e conturbante: vivere una seconda giovinezza. Ora capisco le sequenze, gli alti e i bassi, la tremenda serietà che mette anche nelle cose minute, accompagnata sempre dalla leggerezza della parola, dal gesto indulgente, da cui spunta una sua pudica femminilità che a tratti pare camuffarsi sotto gli intrighi tortuosi della mente.
Capisco ora perché, donna matura e ora inedita cassaintegrata, abbia ripreso a sedersi fra i banchi dell’università. Affida al pezzo di carta il potere di schiodarla da un lavoro che non la soddisfa più, quasi fosse il lasciapassare per quella idea di ricominciare, una sorta di resurrezione in cui non ci sta solo un nuovo lavoro, ma chissà, forse, città, amici e amori diversi.
La sua vita sentimentale mi è sconosciuta, i suoi trascorsi pure, né lei ne accenna o evoca sullo sfondo autobiografico che si impiglia sempre fra le parole quando raccontiamo degli altri. Ed è bene sia così, perché posso immaginartela come voglio, senza passato e con mille destini aperti davanti. La lascio con un complimento, lodando un particolare del viso. Lei appena mi guarda e impassibile svia il discorso mentre nei suoi occhi già vedo i bagliori della sua diligente voglia di felicità.
L’opera che illustra l’articolo è un pastello di Ninconanco
In primo piano un’opera di Arshil Gorky