Il critico d’arte in scena nei teatri italiani con lo spettacolo sull’artista toscano: “Di Maio assomiglia a Leonardo, entrambi erano dei nullafacenti che volevano il reddito di cittadinanza. Nel Rinascimento Salvini sarebbe stato un suo capomastro, bravo solo a eseguire”
Leonardo da Vinci? Un fannullone di talento. Aspetti che devo andare a pagare due spremute d’arancia. Ma tu sei della Lega? Insomma è andata bene a Caltanissetta. Ah no, sei dei 5 Stelle, ma tra quanto si vota?». Esiste solo una cosa più difficile dell’intervistare Vittorio Sgarbi:dargli un’etichetta. Perché questo critico d’arte, ex sindaco, conduttore televisivo, divulgatore, saggista, opinionista, attore, professore, politico e intellettuale sfugge a qualsiasi definizione. Riesce a fare tutto, un po’ come Leonardo. Tra una votazione in Parlamento, una battuta con i colleghi nel Transatlantico e una chiacchierata con gli altri deputati alla bouvette, Sgarbi riesce a spiegarci perché è importante ricordare da Vinci a 500 anni dalla morte avvenuta il 2 maggio del 1519. «È ancora in linea? Allora le dicevo: Leonardo è un genio, ma queste celebrazioni sono iettatorie».
Perché?
Perché sia questo che quello di Raffaello nel 2020 e Dante nel 2021 celebrano la morte dell’artista. E invece Leonardo non è morto, ma vivo. La sua vita è stato un continuo e incessante dubbio per capire le ragioni del mondo, della natura e di Dio. Si celebra Leonardo perché rispetto ad altri personaggi famosi del Rinascimento come Michelangelo è il più attuale, per la sua ansia di conoscenza. E poi le celebrazioni prescindono dall’importanza oggettiva di un personaggio. Possiamo festeggiare sempre Leonardo da Vinci anche senza centenari o cinquecentenari.
Qual è il più grande equivoco che abbiamo su Leonardo?
L’equivoco è che sia stato un grande artista. È stato il genio dell’imperfezione ma un grande dilettante. Non c’è un’architettura, non c’è una scultura, non c’è un’invenzione riuscita. Ci sono dei quadri, pochi e dipinti in modo anche talvolta incerto. Ma in lui c’è una intuizione assoluta di Dio nell’uomo. La pittura è cosa mentale, poi non importa farla materialmente. Quello che è importante di Leonardo è l’ansia. È stato un personaggio capace di interpretare quella che oggi si chiama arte concettuale. Prendi la Gioconda: non è il ritratto di una persona, è proprio una persona viva. La Gioconda vive, parla. Questa è la sua forza: aver creato una dimensione divina.
Qual è l’opera più sottovalutata?
La dama con l’ermellino perché non ha avuto la fama della Gioconda, benché sia forse persino più bella. E invece è da riscoprire: è un’opera di profonda sottigliezza. Indica la devozione amorosa come esclusività. La dama non guarda negli occhi noi che siamo davanti al quadro. Guarda qualcuno al di fuori.
Chi?
L’uomo che ama. È la dimostrazione di una dedizione amorosa unica. Non c’è un altro ritratto prima nella storia dell’arte dove una donna guarda da un’altra parte. Questo fa intendere che Ludovico il Moro, di cui la dama con l’ermellino è innamorata, è in realtà dentro di lei. Mentre la Gioconda è la donna di tutti, è una grande puttanona.
Addirittura.
Sì, appartiene e assomiglia a tutti. Lei e la dama con l’ermellino sono due mondi opposti. La Gioconda è un’opera nella quale si vede il tentativo di uscire dal quadro stesso. Tanto è vero che conosci la Gioconda, o almeno la sua idea, avendo visto prima la fotografia del quadro. Quando vai al Louvre non riesci a vederlo per quanta gente c’è davanti. Ma la conosci da una cartolina vista a cinque anni, da una fotografia su un libro o dalla una riproduzione nello studio di un dentista. È un’opera di una potenza inarrivabile dal punto di vista della sua identità emblematica.
Di Maio assomiglia a Leonardo da Vinci perché entrambi non hanno mai fatto nulla in vita loro. Da Vinci cercava il reddito di cittadinanza, era un fannullone. Entrambi avevano l’idea di fare successo senza faticare. Salvini avrebbe potuto fare al massimo il capomastro del Maestro per eseguire i suoi progetti.Vittorio Sgarbi
E qual è l’opera di Leonardo più sopravvalutata?
L’ultima cena, ma non perché non sia un capolavoro, anzi. Ma è dipinto oggettivamente male. Invece di essere un affresco fu dipinto a secco quindi nell’arco di cinquanta anni si è disperso. È rimasto un fantasma. Una specie di Sindone di quello che è stato. Non ha la forza di un affresco che resiste al tempo. Il restauro lo ha un po’ rimesso a nuovo ma è oggettivamente dipinto male. Non è sopravvalutato rispetto alla concezione di Leonardo, anche lì straordinaria in questo meraviglioso disegno di stati d’animo. Però se guardi le figure non c’è più niente: è un dipinto logorato.
Ci dica la sua opera preferita di Leonardo.
La Madonna Benois che si trova al museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. Mi piace perché introduce un elemento assolutamente nuovo: l’emozione e la tenerezza di essere madre. Nessun volto ha quella dolcezza che mai altro artista prima di lui ha espresso. Leonardo è stato capace di restituire la dimensione ineffabile della felicità dell’essere madre.
Cosa ne pensa della supposta unica scultura di Leonardo esibita a Palazzo Strozzi?
Penso sia una bufala del calabrese Cagliotti che conosce Leonardo come io il Tibet, dove non sono mai stato. Non si conoscono le sculture di Leonardo e quella è troppo solitaria per poter essere una prova della sua autenticità. È impossibile che Leonardo abbia fatto una scultura. Si tratta di una speranza, un desiderio, un’ansia. Come uno che sogna Naomi Campbell e si masturba davanti a una fotografia. Ora però devo tornare a votare alla Camera.
A proposito di politica, se lei fosse presidente del Consiglio, in che ministero metterebbe Leonardo?
All’istruzione, senza dubbio. Perché la sua parabola insegna quello che l’uomo dovrebbe sapere o almeno ciò che dovrebbe inseguire: la conoscenza. Sarebbe più difficile mettere i politici di oggi nel Rinascimento perché sarebbero dimenticati dalla storia. Anche se Di Maio assomiglia a Leonardo.
Cosa li accomuna?
Leonardo non ha mai fatto nulla in vita sua, cercava il reddito di cittadinanza, era un fannullone. Entrambi avevano l’idea di fare successo senza faticare. Salvini avrebbe potuto fare al massimo il capomastro di Da Vinci per eseguire i suoi progetti. Nulla di più.
Intervista a cura di Andrea fIORAVANTI per l’Inkiesta.it